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Caso Gregoretti, Stefani: "Ora solo processo può dare verità"

12 febbraio 2020 | 06.53
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Oggi il voto in Senato sul caso che vede coinvolto l'ex ministro Salvini. Il leader leghista ai senatori del Carroccio: "Non impedire il processo"

Foto IPA/Fotogramma)  - FOTOGRAMMA
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"Esautorata la Giunta dalla sua funzione principale, piegata a ragioni politiche, a questo punto, la sede necessaria al fine di poter rinvenire la verità risulta essere solo la sede processuale". E' questo uno dei passaggi fondamentali della relazione della senatrice della Lega Erika Stefani, che oggi in Aula al Senato è incaricata di riassumere ai senatori l'esito dei lavori della Giunta per le autorizzazioni e le immunità del Senato, che lo scorso 20 gennaio ha votato a favore del processo per Matteo Salvini, relativamente al caso Gregoretti.

"La attività dell’organo - attacca Stefani - è stata del tutto condizionata in questa occasione da posizioni espresse dai partiti politici che hanno anticipato la loro decisione nel merito prima di iniziare la discussione". Nella sua ricostruzione, la leghista ricorda come "alcuni membri hanno rifiutato di intervenire anche in sede di discussione nel merito, abbandonato i lavori per due volte e non partecipando alla votazione finale".

"Ritenendo pertanto che occorra ritornare nell’alveo di garanzia assicurato dalla legge, ci si è rimessi alla cognizione del Giudice di merito, imparziale e terzo", sottolinea la leghista che ricorda il voto finale dell'organismo presieduto dall'azzurro Maurizio Gasparri. "Per tali ragioni, la Giunta, a seguito della parità dei voti favorevoli e di quelli contrari, non ha approvato, ai sensi dell'articolo 107, comma 1, secondo periodo, del Regolamento del Senato, la proposta messa ai voti dal Presidente e pertanto si è intesa accolta la proposta di concessione dell’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro dell'Interno pro tempore".

L'ex ministra leghista ha ricostruito poi la vicenda, sulla falsariga della prima relazione della Giunta a firma del presidente Gasparri, sostenendo in sostanza che l'attività dell'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha agito nell'interesse nazionale. Stefani ha ricordato come il ritardo dello sbarco sia stato dovuto ai "meccanismi di ricollocamento dei migranti" che "non erano operativi alla data del 26 luglio 2019 e che si stava elaborando un percorso per la loro redistribuzione. Quindi serviva il mero tempo tecnico perché si procedesse allo sbarco"

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