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Alleanza Pd-M5S agita i dem, Zingaretti difende intesa e garantisce tutela identità

18 agosto 2020 | 20.15
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Guerini: "Restano profonde differenze", Nardella chiede il congresso

(Fotogramma)
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La possibilità di alleanze con il Movimento 5 stelle per le prossime elezioni amministrative, apertasi dopo il via libera arrivato dalla piattaforma Rousseau, riaccende il dibattito all'interno del Pd. Da una parte chi si mostra tiepido o addirittura contrario rispetto all'ipotesi di intesa, chiedendo anche un congresso nel 2021 per riaffermare l'identità riformista del partito; dall'altro chi segnala la necessità di concentrarsi prima sul prossimo appuntamento elettorale, rivendicando anche i risultati raggiunti nell'ultimo anno dalla leadership del Nazareno. Finché è il segretario, Nicola Zingaretti, ad intervenire con un lungo post su Facebook, puntualizzando che gli eventuali accordi con M5S saranno frutto di "un processo nel quale stare, combattendo con la nostra identità".

Un'esigenza posta dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, esponente di Base riformista, in un lungo intervento su 'Il Foglio', anticipato già ieri: "ci confronteremo con questa novità nei prossimi mesi. Senza avere però la pretesa -spiega- di annullare o azzerare quelle profonde e radicali differenze politico-culturali che esistono tra noi e i Cinquestelle, che rimangono tutte e che danno un carattere tattico alla nostra alleanza, molto distante da quella rappresentazione di un’alleanza prospetticamente stabile perché genetica e culturale".

Più duro il sindaco di Firenze Dario Nardella: "Io non ho pregiudizi di principio, ma annunciare patti politici alla vigilia di qualche elezione, come fatto in Umbria, è più una tattica miope che il frutto di un serio progetto politico. Se si vogliono fare passi politici strategici, non basta qualche intervista sul giornale, si abbia il coraggio di coinvolgere ed ascoltare iscritti, amministratori ed elettori con un congresso, vero, di nome e di fatto. Certo non ora in cui dobbiamo essere tutti concentrati per battere le destre nelle elezioni regionali e comunali del 20 settembre. Ma dopo, se si vorranno prendere decisioni talmente cruciali, sarà inevitabile prepararsi a un congresso per darci un nuovo profilo riformista".

"La suggestione di Dario Nardella -plaude il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci- merita grande attenzione. Ipotizzare un congresso tematico del Pd nel 2021 può essere un’ottima idea per rilanciare la forza aggregante del riformismo".

Parole che suscitano la dura reazione del vicesegretario Andrea Orlando: "Che ne dite di fare la campagna elettorale prima e parlare di assetti interni poi?" "Sarebbe molto meglio -fa eco Michele Bordo, vicecapogruppo alla Camera- se, anziché parlare di congresso, ci concentrassimo tutti sulla campagna elettorale. Mi permetto tuttavia di ricordare, specie a chi era nel gruppo dirigente che guidava il partito allora, che solo due anni fa il Pd era isolato e fuori da ogni processo politico, mentre oggi siamo centrali nell'esperienza di governo e in crescita nei sondaggi".

A mettere i puntini sulle i interviene allora direttamente il segretario Zingaretti. "Sull'esito della votazione nella piattaforma Rousseau da parte della base del Movimento 5 Stelle -premette- si sta generando troppa confusione. Non sempre senza malizia e, spesso, con una buona dose di strumentalità si fanno ricostruzioni fuorvianti".

"L'eventuale decisione di costruire un accordo o meno -specifica allora il leader Dem- è ovviamente delegata a processi politici locali e all'individuazione di candidati credibili da sostenere per vincere. Un processo nel quale stare, combattendo con la nostra identità".

"Nessuna voglia di 'esultare' per questo risultato, ma, avendo nei Comuni e Regioni sistemi elettorali maggioritari, soddisfazione sì. Credo sia lecito esprimerla perché si allarga la possibilità di costruire alleanze. A meno che siamo arrivati al punto di augurarci che sarebbe meglio avere i partiti nostri alleati tutti contro nei territori, nelle battaglie per i sindaci e i presidenti di Regione".

"Alleati e non avversari. Ripeto: è quanto abbiamo detto dal primo giorno. Proprio perché forti delle nostre idee, vogliamo farle vincere nei processi reali, politici e sociali che ci sono e non solo declamarle nelle interviste e nei tweet. Questo impegno è molto più complesso e impegnativo ma è molto più utile all'Italia. Partito a vocazione maggioritaria -rivendica in conclusione Zingaretti- è questo: avere una proposta per il Paese e l'impegno quotidiano per attuarla nella società e nella proposta politica".

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