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Referendum, Zanda: "Voto No, preoccupato per conseguenze taglio"

07 settembre 2020 | 15.50
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"Qualche parola in più sul referendum, un voto che non ha a che fare con la tenuta né del governo, né della maggioranza. Tanto che, per metter bene in evidenza la neutralità del Referendum rispetto alle vicende politiche, sarebbe stato meglio celebrarlo separatamente dal voto sulle Regioni e sui Comuni. Anch'io come Zingaretti, penso che sia necessario un grande e sincero rispetto reciproco tra i sostenitori del Sì e i sostenitori del No, ambedue presenti tra gli iscritti e gli elettori del Pd. Perché questo è un referendum difficile". Lo ha detto Luigi Zanda intervenendo alla Direzione Pd.

"Ci sono ragioni politiche per votare Sì e ci sono ragioni ordinamentali per votare No. La mia preferenza per il No ha ben presente le ragioni del Sì e non solo le rispetto, ma ne condivido anche il senso e il richiamo implicito alla prudenza politica. Ma in me, su queste considerazioni, prevale la preoccupazione per le conseguenze sul nostro ordinamento giuridico di un taglio che, in assenza dei necessari correttivi, potrebbe produrre danni all'equilibrio dei poteri costituzionali".

"Le principali ragioni del mio No sono due. La prima è che sinora sono mancate sia la rettifica della platea che dovrà eleggere il Presidente della Repubblica, sia la revisione dei regolamenti parlamentari tanto che, in queste condizioni, un Senato di 200 senatori non potrà funzionare. Sia, infine, è mancata l'approvazione di una nuova legge elettorale. Sono tre provvedimenti concordati all'atto della nascita del governo e sono tutti e tre non utili, ma indispensabili contrappesi del taglio".

"La seconda ragione del mio No -continua Zanda- è più di fondo, riguarda il nodo tuttora irrisolto tra parlamentarismo e antiparlamentarismo, nodo che il taglio secco dei parlamentari, anche al di là della nostra volontà, può finire coll'esasperare. Inizio dal primo punto. Il secondo governo Conte non è nato sulla base di un contratto, ma di un accordo politico che prevedeva i tre provvedimenti che ho appena ricordato. È sulla base di questo accordo, che garantiva alla riduzione un minimo di tenuta, che il Pd ha mutato il suo orientamento per tre volte negativo e alla quarta votazione ha votato sì. Senza quel patto politico, il nostro Sì non ci sarebbe stato".

"In quest'anno di governo, tra i leader dei partiti di maggioranza, l'unico che si è speso per onorare il patto è Nicola Zingaretti. Né i suoi colleghi segretari, né il Presidente Conte, che pure governa in virtù di quell'accordo, hanno mostrato una eguale premura. Adesso, alla vigilia del referendum, molti garantiscono che gli impegni politici saranno mantenuti e che le cose cambieranno".

"Ma per modificare i regolamenti e le regole per l'elezione del Presidente della Repubblica la Costituzione prevede procedure e maggioranze speciali che hanno bisogno di tempo. Ci sono rimasti poco più di due anni di legislatura, con in mezzo il semestre bianco e l'elezione del nuovo Presidente. In queste condizioni è difficile essere ottimisti".

"Poi c'è la legge elettorale che stenta in Commissione. Nella maggioranza -prosegue Zanda- c'è chi dice di voler una nuova legge, ma poi mette condizioni talmente gravose da renderne impossibile l'approvazione in questa legislatura. La verità è che sinora è mancata la volontà politica e i provvedimenti previsti nell'accordo di Governo sarebbero dovuti essere approvati prima del referendum e non essere promessi per il dopo".

"A pochi giorni dal Referendum è difficile essere ottimisti. Molto seria è la questione di fondo del nodo tra parlamentarismo e antiparlamentarismo, cui la riduzione dei parlamentari è strettamente connessa. Da decenni, il centrosinistra italiano è favorevole alla riduzione. Io stesso, nel 2008 ho presentato un disegno di legge che prevedeva la riduzione a 400 del numero dei deputati e a 200 dei senatori. Ma se oggi il referendum riguardasse quel mio disegno di legge, proporrei ugualmente di votare No, incurante della mia firma di allora. Perché un conto è sottoscrivere un disegno di legge in cui credevo, un altro è verificarne dopo 12 anni i rischi per la mancata approvazione delle essenziali condizioni a contorno".

"Ma il punto politico va oltre il dettaglio dei voti in Parlamento. È un altro. La domanda che dobbiamo farci non è il perché del nostro Sì alla quarta votazione, che prova il nostro rispetto di un accordo politico. La domanda è piuttosto come mai il Partito Democratico, che da così tanto tempo sostiene la riduzione del numero dei parlamentari, per ben tre volte, in questa legislatura, ha votato contro un provvedimento che la prevedeva. La ragione di quel No è politica. All'inizio della legislatura la riduzione dei parlamentari è stata proposta assieme al vincolo di mandato e al referendum propositivo".

"Questi tre obiettivi, letti insieme, rendevano evidente che il traguardo finale era il ridimensionamento del ruolo del Parlamento e che, al fondo, c'era un'idea di Nazione e di assetto dei poteri diversa da quella disegnata dalla Costituzione. È stato quel tris di iniziative a colorare di antiparlamentarismo la riduzione del numero dei parlamentari e ad obbligare il Pd a quei tre voti negativi".

"Oggi dobbiamo domandarci se il vincolo di mandato e il referendum propositivo sono ancora in campo. Perché un conto è se il taglio di 350 parlamentari è veramente il segno della volontà di rinnovare il Parlamento, con nuovi regolamenti e con tutte le altre modifiche legislative, anche costituzionali, che gli sono strettamente connesse, un altro è se continua ad essere un pezzo di un disegno antiparlamentare", conclude Zanda.

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