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Zaia: "Voto? È riconoscimento del mio lavoro"

25 settembre 2020 | 08.33
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"Ma anche segno di protesta verso Roma"

Zaia:

“Questo voto è il riconoscimento del mio lavoro da parte dei veneti. Ma anche un segno di protesta verso Roma. Civile, ma protesta”. Così Luca Zaia sul Corriere della Sera, all’indomani del risultato plebiscitario in suo favore alle Regionali, che giudica “una vittoria strepitosa, che corona la mia storia da leghista: mai avuto altre militanze. Oggi mi scrivono su Instagram, mail, WhatsApp: Luca, c'è una colonna di fumo, Luca sono in coda al pronto soccorso... Il presidente diventa una sorta di super sindaco. Si sono azzerate le distanze e noi interpretiamo fino in fondo l'elezione diretta dove il cittadino sceglie non solo il partito ma anche l'uomo: non esiste un partito che valga il 70%. Tutti noi eletti percepiamo questa novità”.

"Il valore dei candidati va oltre - spiega il governatore del Veneto -. Non significa che i partiti siano finiti, i partiti sono la sacralità dell'idea e l'identità. Ma i presidenti devono declinare l'identità nel modo migliore: mi rifiuto di pensare che solo a destra si chieda legalità e ordine pubblico e dall'altra parte tutti pensino che i delinquenti abbiano avuto un'infanzia difficile. Se guardiamo agli amministratori, i cittadini sono pronti a votare qualunque candidato, anche distante dalle loro idee politiche. Bossi chiamava gli amministratori ‘quelli dei tombini’, la parte nobile della politica era l'alzabandiera della Padania. Ma Bossi stesso è stato reso grande dai suoi amministratori, la chiave d'accesso al nuovo consenso. La Lega è diventata diventa famigliare quando la gente ha visto i primi sindaci in tv e capito che non mangiavamo i bambini”.

Quanto alle ragioni del suo successo, Zaia lo spiega dicendo di voler “rappresentare il Veneto. Non è questione di gestione del Covid, i sondaggi già mi davano al 70%. Io ho ereditato una Regione che era la periferia dell'impero. Poi, dopo l'Autonomia, la riforma sanitaria, le colline del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, le Olimpiadi, il maggior cantiere italiano che è la Pedemontana, mi lasci dire che qualcosa è cambiato. Ieri eravamo lavoratori e pagatori di tasse, oggi siamo una comunità che spesso detta l'agenda. Anche solo con il dire: basta ai tamponi molecolari, via con il tampone rapido. E i Veneti sono soddisfatti di andare per l'Italia e sentir parlare bene di casa loro".

“Non sono minimamente interessato né a Roma, né ho ambizioni dentro la Lega – prosegue -. E non lo ero anche in momenti in cui ci sarebbero state praterie politiche. Salvini sta facendo un lavoro strepitoso, ha preso in mano un cadavere eccellente e l'ha portato nell'Olimpo. Anche in Toscana: se ci avessero fatto firmare qualche anno fa per il 40%, avremmo detto ‘tutta la vita’. La Lega è cresciuta molto, e come tutte le piante che sono cresciute rapidamente, ha bisogno di un palo, un supporto per poter continuare a crescere. La Lega è sempre stata eterogenea per estrazione sociale, culturale e politica. Ma noi abbiamo una caratteristica: l'identità”.

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