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Covid, Mattarella: "Preoccupati per aumento contagi e dolore per vittime"

03 ottobre 2020 | 19.19
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"Non posso tacere la preoccupazione per l'aumento del ritmo del contagio della pandemia e il dolore per le vittime che ancora giorno per giorno dobbiamo registrare". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 'Concerto per Dante' al Quirinale in merito alla situazione Covid in Italia. "Desidero ricordare le vittime del maltempo che si è abbattuto sul Piemonte e sulla Val d'Aosta ed esprimere solidarietà ai loro familiari - ha aggiunto il Capo dello Stato -, l'auspicio di un veloce ritrovamento di tutte le persone disperse, la vicinanza ai territori colpiti e la preoccupazione per le condizioni difficili che si sono prodotte in quei territori".

"Ha scritto Jorge Luis Borges, lettore attento e devoto di Dante: 'La Commedia è un libro che tutti dovremmo leggere" dice il Presidente della Repubblica al 'Concerto per Dante'. "Non farlo significa privarci del dono più grande che la letteratura può farci'. Possiamo allora ben dire, con la fierezza dei figli, che lo spirito dantesco si è irradiato, dall'Italia al mondo, illuminandolo di poesia, di bellezza, di passione, di coraggio". "È vero che figure come quella dantesca devono essere esaminate sotto la luce dell'universalità e non sotto quella, assai più consunta, dell'attualità. Ma, forse, anche oggi si avverte una grande esigenza di guardare di più a Dante, al suo esempio, alla sua capacità di visione e alla sua lungimiranza, artistica e civile". Dante "è figlio di quell'Italia 'nave senza nocchiere in gran tempesta', un'Italia che non esisteva se non come 'espressione geografica' ma che rappresentava il suo sogno esistenziale e il suo orizzonte politico ideale".

"La potente visione poetica dantesca dell'ultraterreno ha ispirato opere letterarie, figurative, musicali, teatrali e cinematografiche. Dante non è solo una pietra miliare della letteratura mondiale. Ne è anche una pietra di paragone, che svela e distingue l'oro autentico da quello falso. E, anche, se vogliamo, una pietra di scandalo. Lo scandalo del racconto, senza veli o infingimenti, di un'umanità fragile, in perenne e faticoso cammino alla ricerca di senso e di felicità". "Al netto della complessità, delle potenti raffigurazioni allegoriche, della sofisticata costruzione letteraria, la Commedia -ha ricordato il Capo dello Stato- parla, all'uomo, dell'uomo. È uno specchio di passioni, cadute, aspirazioni e ambizioni. Un viaggio senza tempo e senza spazio che attraversa, come un bisturi affilato, i recessi più misteriosi dell’animo umano. Come ha notato con estrema finezza Thomas Stearns Eliot, 'La Divina Commedia esprime nell'ambito dell'emozione tutto ciò che, compreso tra la disperazione della depravazione e la visione della beatitudine, l’uomo è capace di sperimentare'".

"La Patria –intesa come comunità di persone che avvertono la condivisione di origini, storia, lingua, valori, destino– è un concetto preesistente alla sua realizzazione in unità politica e statale. Dante è in realtà il grande profeta dell'Italia, un patriota visionario, destinato, quasi biblicamente, a scorgere ma non a calcare la Terra vagheggiata e promessa. Il contributo artistico, culturale e linguistico che Dante ha fornito alla formazione dell’Italia è immenso e inestimabile"."Dante -ha quindi ricordato il Capo dello Stato- è anche l’uomo che ha portato a compimento il passaggio tra latino e volgare, riconoscendo al parlare del popolo, alla lingua 'naturale', la dignità letteraria e la superiorità comunicativa. Dante è il poeta italiano e civile per eccellenza, che a distanza di secoli ha trasmesso alimento e ispirazione vitale anche a quella generazione di poeti, artisti e uomini politici del Risorgimento che hanno costruito l’unità d’Italia, di cui Dante è padre e pilastro essenziale".

"Dante è l’esule fiero e dolente, il maestro di morale e di coerenza. Colui che –dai luoghi ospitali che lo avevano accolto con onore, prima Verona poi Ravenna- di fronte alla proposta di comprare la revoca del provvedimento di esilio, risponde sdegnato all’anonimo amico fiorentino che il ritorno all’amata Firenze non potrà mai avvenire sotto il segno della resa e dell’ignominia. E scrive con eccezionale forza immaginifica: 'Forse che non vedrò dovunque la luce del sole e degli astri?', ponendo così dei limiti etici invalicabili persino all’insopprimibile e legittimo desiderio di tornare a casa".

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