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Utero in affitto, "Agcom intervenga su pubblicità online"

25 novembre 2020 | 11.06
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(Foto Fotogramma)
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Pubblicità in Italia di aziende straniere che offrono online prestazioni di maternità surrogata? "...Ci sembra paradossale che si ritenga ‘incompetente’ in materia l’Autorità che vigila sulle comunicazioni e si occupa di pubblicità di gioco d’azzardo e di copyright, come pure di comunicazioni informative sanitarie". Con queste parole si rivolgono in una lunga lettera anticipata all'Adnkronos Gianluigi De Palo, presidente Forum delle Associazioni familiari, e Alberto Gambino, presidente dell’Italian Academy of the Internet Code e dell’associazione 'Scienza & Vita', chiedendo l'intervento del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in una "questione che rischia di ferire in modo doloroso i diritti dei più fragili tra i nostri concittadini".

La lettera a Conte: "Scriviamo queste righe per segnalarLe una questione molto grave: la pubblicità in Italia di aziende straniere che offrono prestazioni di ‘maternità surrogata’, di cui nel nostro Paese è vietata sia la pratica che la pubblicità, sanzionata con pene detentive (art. 12, l. 40/2004). Ricercando con motori di ricerca su Internet termini quali ‘maternità surrogata’ o ‘utero in affitto’, i primi risultati che appaiono sono inserzioni pubblicitarie, appunto, vietate. Pratiche in merito alle quali si è espressa la Corte Costituzionale, definendo il reato di maternità surrogata una pratica 'che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane' (Sentenza n. 272/2017, relatore Giuliano Amato)".

"Ragionevolmente - proseguono - la materia attiene all’AGCom, Autorità creata per vigilare sul settore delle Comunicazioni. Con il potenziarsi del traffico comunicativo sul web, l’AGCom ha esteso il suo raggio di azione al monitoraggio della rete Internet (come di recente per pirateria e violazioni del diritto d’autore sul web, dove - con proprio regolamento - ha disciplinato la materia, desumendo tale competenza da principi e richiami normativi, pur in assenza di una norma formale di attribuzione)".

"Invece, nel caso della pubblicità delle pratiche di utero in affitto – ben più gravi delle violazioni online sulla proprietà intellettuale – l’Autorità ha dichiarato, con un comunicato stampa, che senza una legge espressa che le attribuisca la competenza, pur trattandosi di attività illegali che meritano 'le severe sanzioni penali previste dalla legge', non può intervenire. Di recente, è stata – stavolta espressamente – attribuita all’AGCom la competenza sul divieto di pubblicità del gioco d’azzardo, pratica che – diversamente dalla maternità surrogata – è regolamentata e lecita, ma di cui è vietata la promozione. Dunque, l’AGCom interviene per bloccare le pubblicità vietate di un’attività lecita (gioco d’azzardo) e non può intervenire per bloccare le pubblicità vietate di un’attività illecita (utero in affitto)?".

"Se ne dovrebbero occupare le procure - osservano De Palo e Gambino - che però tacciono. Anche perché non sempre possiedono gli strumenti tecnici e tecnologici idonei (l’AGCom si avvale dell’attività ispettiva sul web della polizia postale delle comunicazioni e del nucleo speciale della Guardia di Finanza). Ci sembra paradossale - rimarcano - che si ritenga ‘incompetente’ in materia l’Autorità che vigila sulle comunicazioni e si occupa di pubblicità di gioco d’azzardo e di copyright, come pure di comunicazioni informative sanitarie (legge n. 145/2018: fonte normativa che - senza neanche troppi sforzi interpretativi - avrebbe da sola consentito all’AGCom di ampliare la sua vigilanza rispetto alle comunicazioni sulle pratiche di utero in affitto, inquadrabili nella fattispecie delle 'comunicazioni sanitarie')".

La conclusione: "Non è ancora tardi. Prima che intervengano altre autorità (le procure in primis, forse il Giurì per l’autodisciplina pubblicitaria – che però è un organismo privatistico – o ancora l’Antitrust, sotto il profilo della violazione della concorrenza), riterremmo più corretto che fosse l’Autorità preposta a garantire i diritti nelle comunicazioni e in Internet a fare i passi previsti dalla legge. Nel frattempo, sul web restano disponibili comunicazioni pubblicitarie di reati, peraltro perpetrati a danno dei soggetti più vulnerabili della società".

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