Le lacrime di Neymar dopo l'inno nazionale. Le lacrime di Julio Cesar prima e dopo i calci di rigore. Le lacrime e lo sguardo perduto di Thiago Silva. Le lacrime di quasi tutti i giocatori della Seleçao dopo lo scampato pericolo. Uomini. Ma anche no.
Alcuni ex campioni, come Zico o Carlos Alberto, non gradiscono: ''Basta, non siamo all'asilo''. Particolarmente nel mirino Tiago Silva, capitano poco coraggioso, colpevole anche di essersi allontanato dai compagni proprio nel momento decisivo, prima dei rigori, lasciando che fosse Paulinho, fra l'altro non proprio felice dopo l'esclusione, a incitare i compagni. Il vecchio Tostao, al contrario, ritiene che le lacrime siano una eccellente valvola di sfogo delle tensioni.
I giornali locali scrivono che il Brasile tiene ''ruim da cabeça'', mal di testa. Al capezzale della squadra è stata richiamata d'urgenza Regina Brandao, la psicologa del gruppo. Lo stesso Felipao Scolari ha detto che i suoi giocatori devono cominciare a usare un po' meno il cuore e un po' più la testa. In campo, invece di pensare alla Patria, ''sarebbe bene che cominciassimo a mantenere un po' di più il controllo della palla''. Ecco. Forse questa può essere la soluzione. Perché finora, Neymar a parte, il gioco del Brasile ha davvero fatto piangere.