Roma, 9 apr. (Adnkronos Salute) - Come per la legge sulla droga, la Fini-Giovanardi, "ancora una volta viene cancellata una decisione del Parlamento, con l'aggravante che in questo caso era stata avallata da un referendum popolare, cioè dal popolo italiano. Ancora una volta le idee e gli orientamenti ideologici di 15 signori valgono più del Parlamento. A questo punto, oltre che il Senato, mi viene da dire: aboliamo anche la Camera, non è più chiaro cosa ci stia a fare". Carlo Giovanardi, senatore dei Popolari liberali, commenta con un paradosso all'Adnkronos Salute la sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, previsto dalla legge 40.
Entrando nel merito della decisione della Consulta, Giovanardi denuncia che "si apre ora una voragine nel nostro ordinamento, si dà origine a milioni di interrogativi. Se si ricorre a un donazione di seme, per esempio, chi è il padre del concepito, il donatore o il committente?". Su questo punto, ricorda Giovanardi, i Paesi in cui si può ricorrere all'eterologa, si comportano diversamente. "Nel Nord Europa il donatore non deve rivelare la propria identità, mentre negli Stati Uniti ha dei doveri nei confronti del bimbo. Dunque, di chi è figlio il bambino che nasce? E' lo stesso interrogativo generato dal mercato immondo dell'utero in affitto, dove si comprano povere donne, per la maggior parte in India, per farne delle gestanti".
E ancora, "stiamo aprendo le porte a un mercato del seme selezionato: come lo regolamentiamo? Come vengono risolte le questioni giuridiche" poste sul tavolo dalla decisione della Consulta?, chiede Giovanardi. "Tutti questi interrogativi ce li eravamo già posti al momento di fare la legge 40 e avevamo detto no a questi scenari inquietanti. Ora la volontà del Parlamento è stata sconfessata, come è successo per la legge sulla droga, per un cavillo giuridico che si è inventato la Consulta. In Italia la Corte costituzionale e i tribunali non applicano le leggi, se le inventano", conclude ribadendo la propria contrarietà.