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Ferrante (Kyoto club): "L'indipendenza dalla Russia si chiama rinnovabili ed efficienza"

24 febbraio 2022 | 12.59
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"Se l'Italia non può fare a meno del gas russo, senza esportalo la Russia fallirebbe: iniziamo a pagargliene di meno". Risolvere con l'autoproduzione?

Rinunciare al gas russo, scelta difficilmente percorribile per l'Italia anche a fronte di una maggiore produzione nazionale e diversificazione delle fonti. E d'altra parte anche la Russia non può fare a meno di venderlo. La strada da percorrere è quella di ridurre la dipendenza dal gas russo, strada che non può che passare per rinnovabili ed efficienza energetica. E' la posizione di Francesco Ferrante, vice presidente del Kyoto Club. "C'è chi fa il parallelo con la crisi del petrolio del '73, corretto dal punto di vista della similitudine tra il peso che aveva allora il petrolio e che oggi ha il gas, ma in quel caso furono gli arabi a chiudere il rubinetto. Oggi non è la Russia che chiude il rubinetto ma siamo noi che, a fronte del comportamento aggressivo di Putin, dovremmo decidere di rinunciare al gas della Russia. Scelta complicata, visto che il 40% del gas che consumiamo viene da là", dice all'AdnKronos.

Che la soluzione possa essere aumentare la produzione nazionale di gas "è ridicolo", sottolinea Ferrante: "dalla Russia arrivano 30 miliardi di metri cubi, noi ne estraiamo 3 e forse arriviamo a 5, dal Tap ne arrivano 10 e per raddoppiarli a 20, come si ipotizza, ci vorrebbero 4 anni. L'altro approvvigionamento è l'Algeria, ma lì non c'è tanto gas. Quello che potrebbe, nell'emergenza, portare un po' di gas è il gas liquido che arriva dal Qatar o dall'America, ma abbiamo pochi terminali, e questo è stato un errore perché per diversificare si sarebbe dovuto fare qualche terminal in più. E' evidente che strategicamente non possiamo che ridurre la dipendenza dal gas, quella deve essere la strada e l'unico modo per farlo è puntare sulle rinnovabili". 

"Di ieri è una notizia che cambia completamente le prospettive del mercato elettrico: Enel si è aggiudicata l'asta del capacity market non con centrali a gas ma con rinnovabili più accumulo - ricorda Ferrante - Questo per dire che l'innovazione ci consente ormai di pensare a un mercato dell'energia elettrica che faccia progressivamente a meno del gas. Da qui la nostra contrarierà non al gas in quanto tale ma a investire ulteriormente in infrastrutture per il gas perché dobbiamo andare in una direzione che del gas, da qui al 2030 e al 2050, faccia a meno. E che ci porti a non essere dipendenti da Paesi in cui libertà e democrazia sono un optional".

Ma se è difficile per l'Italia chiudere al gas russo, è anche vero che "se noi non pagassimo più il gas la Russia fallirebbe, la sua economia si regge anche su questo. Se il gas arriva vuol dire che qualcuno glielo sta pagando: avrebbe più senso a pagargliene sempre meno mettendo in campo iniziative per utilizzarne di meno, a partire dall'efficienza energetica".

di Stefania Marignetti

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