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Pensioni: Filcams, con riforma Fornero donne al lavoro in età proibitive

18 novembre 2014 | 18.33
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Con pensioni poi di scarsa entità.

Pensioni: Filcams, con riforma Fornero donne al lavoro in età proibitive

La riforma Fornero obbliga la permanenza al lavoro le donne in età che possono essere proibitive, con pensioni poi di scarsa entità. E' quanto emerge da una ricerca sulla condizione previdenziale per le donne nel terziario commissionata dalla Filcams-Cgil tramite il Comitato Scientifico di Ce.Mu., realizzata in partnership con CC OO de Catalunya.

La ricerca ha per obiettivo quello di evidenziare gli effetti del sistema previdenziale italiano sulle lavoratrici del settore terziario, con particolare riguardo alla 'riforma Fornero', nel confronto con la situazione catalano/spagnola, per definire le iniziative di tipo istituzionale e contrattuale, atte a rimuovere le condizioni negative.

Il settore oggetto dello studio è ad alta femminilizzazione, con basse retribuzioni, scarsa progressione di carriera e ridotta diffusione del secondo livello di contrattazione. Gli ambiti d’indagine sono quelli della distribuzione commerciale, del lavoro domestico e degli appalti di pulizie. La metodologia della ricerca si è avvalsa dell’applicazione della tecnica del focus group per evidenziare la condizione lavorativa delle lavoratrici e la loro percezione soggettiva e della produzione di simulazioni relative ai livelli previdenziali per alcune tipologie di lavoratrici del settore.

La differenza di retribuzioni tra i sessi è determinata dalla discontinuità delle carriere di lavoro femminili, dalla segregazione professionale patita dalle donne, dalle condizioni del mercato del lavoro, dal lavoro di cura che grava sulle donne. Le lavoratrici, che normalmente hanno carriere professionali discontinue e più deboli economicamente rispetto ai lavoratori, saranno in prospettiva pensionate più povere dei loro colleghi, molte al di sotto dell’autosufficienza economica.

Secondo la ricerca, la diffusione dei contratti a tempo parziale è causa di 'precarizzazione' nel lavoro e del basso livello retributivo, e questo ha effetti sul futuro livello delle pensioni. Una lavoratrice/lavoratore part-time, data la diffusione di questa modalità contrattuale e l’esiguità di ore/settimana lavorate, presenta spesso un’anzianità contributiva inferiore agli anni effettivamente lavorati e deve lavorare più anni per accedere agli stessi diritti pensionistici di un lavoratore full-time.

Un caso di discriminazione non solo tra part-time e full-time, ma anche tra diversi tipi di part-time è quello che si realizza con il part-time ciclico o verticale: il problema è quello del crearsi di “buchi” contributivi per effetto dello svilupparsi del contratto su un numero di mesi inferiore all’anno e del non riconoscimento dei periodi non lavorati in termini di anzianità contributiva.

Risultati sconcertanti, per la Filcams Cgil, anche se prevedibili, che confermano le difficoltà delle lavoratrici e dei lavoratori del settore terziario, a cui la categoria cerca di dare voce. "In una fase di profonde trasformazioni e tensioni sociali come quella che stiamo attraversando il rischio di dare qualcosa come scontato è una insidia da non sottovalutare", afferma Cristian Sesena, segretario nazionale della Filcams Cgil.

"Dare per scontato -continua Sesena- che una donna possa non lavorare, o lavorare di meno, o percepire una pensione più bassa, che significa portare regressione e limiti nella nostra azione di tutela. Dare per scontato che con il prolungarsi della attività lavorativa i rischi di infortunio e malattia professionale aumentino, trascurando l'attenzione verso la prevenzione la salute e sicurezza significa respirare aria di rassegnazione e resa. Al contrario -conclude il segretario- noi proveremo a non dare per scontato nulla, a partire dallo sguardo femminile della nostra categoria con cui anche noi uomini intendiamo imparare a guardare la con cui ogni giorno ci confrontiamo".

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