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Firenze, "il fatto non costituisce reato": genitori Renzi assolti in appello

18 ottobre 2022 | 20.48
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Erano finiti a processo per due presunte fatture false con l'imprenditore Dagostino

(foto Fotogramma)
(foto Fotogramma)

"Il fatto non costituisce reato". La Corte di appello di Firenze ha assolto con formula piena i coniugi Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori dell'ex presidente del Consiglio e leader di Italia Viva Matteo Renzi, finiti a processo per due presunte fatture false per complessivi 160mila euro più Iva. In primo grado Renzi e Bovoli, il 7 ottobre 2019, erano stati condannati dal Tribunale di Firenze a un anno e nove mesi di reclusione.

La Corte ha accolto la ricostruzione del collegio difensivo dei genitori dell'ex premier composto dagli avvocati Federico Bagattini, Lorenzo Pellegrini, Marco Miccinesi e Francesco Pistolesi, respingendo la richiesta della procura generale di confermare le condanne. I giudici di appello hanno largamente riformato anche la sentenza di primo grado per l'imprenditore pugliese Luigi Dagostino, soprannominato 'il re degli outlet, che era stato condannato a 2 anni: è stato assolto dall'accusa principale di false fatture, mentre per la truffa gli è stata addebitata una pena di nove mesi. La Corte depositerà le motivazioni entro 90 giorni.

"Siamo molto soddisfatti e contenti per l'assoluzione con formula piena. Abbiamo sempre creduto nella giustizia e finalmente la giustizia è arrivata", hanno commentato Tiziano Renzi e Laura Bovoli dalla loro casa di Rignano sull'Arno (Firenze), assenti in aula alla lettura della sentenza. La notizia dell'assoluzione è stata comunicata al telefono dall'avvocato Pellegrini e subito dopo i genitori di Renzi sono scoppiati a piangere. Secco il commento dei difensori Bagattini e Pellegrini: "La giustizia è lenta ma arriva. E' arrivata".

Il processo verteva su due presunte fatture false emesse dalla Party srl (da 20mila euro più Iva) e dalla Eventi 6 srl (140mila euro più Iva), società imprenditoriali gestite dai coniugi Renzi. La truffa aggravata sarebbe stata commessa da Dagostino perché avrebbe pagato i coniugi di Rignano sull'Arno (Firenze) per lavori inesistenti.

Secondo l'accusa la fattura da 140mila euro per progetti di fattibilità su aree ricreative e per la ristorazione all'outlet del lusso 'The Mall' di Leccio di Reggello (Firenze) sarebbe stata emessa per consulenze pagate ma non realizzate. L'altra fattura da 20mila euro risultava emessa dalla Party srl (unica fattura emessa nel 2015), società fondata da Tiziano Renzi (con il 40% della quote) e dalla Nikila Invest, srl amministrata da Ilaria Niccolai (60%), compagna dell'imprenditore Luigi Dagostino, all'epoca amministratore delegato della Tramor, società di gestione dell'outlet.

"La Corte d'appello ha accolto in pieno la nostra richiesta di assoluzione perchè il fatto non sussiste per il reato tributario relativamente alle fatture", ha detto all'Adnkronos l'avvocato Alessandro Traversi, difensore Dagostino. "Relativamente alla condanna secondaria leggeremo le motivazioni e con tutta probabilità faremo ricorso", ha aggiunto Traversi.

I coniugi Renzi, in apertura di udienza questa mattina, hanno reso spontanee dichiarazioni. "Ho fiducia che la giustizia sia uguale per tutti, anche per quelli che si chiamano Renzi. Non ho mai fatto fatture false in vita mia", aveva detto Laura Bovoli.

Il padre del leader di Italia Viva ha ribadito che il lavoro per cui era accusato "io l'ho fatto per davvero". Ed ha accennato anche al rapporto con suo figlio: "Mi diceva di smettere con il lavoro e con il senno di poi aveva ragione. Ma a lui non ho mai chiesto nulla". Tiziano Renzi, durante le dichiarazioni spontanee, ha citato la pm titolare delle indagini, chiamandone in causa il marito (da cui risulterebbe peraltro da tempo separata): "Non ho mai chiesto nomine e incarichi a mio figlio, da questo punto di vista non ho mai lavorato con il pubblico. Voglio affermare quello che mi ha detto Matteo a distanza di anni, che il marito della pm aveva chiesto a lui e ai suoi collaboratori con insistenza una nomina". Poi, all'uscita del tribunale ha aggiunto: "Mio figlio ha le prove di questa affermazione, potete chiederlo a lui".

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