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Immigrati: flotta ai minimi termini in Libia, Nato sotto accusa

16 maggio 2015 | 14.04
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Il portavoce della guardia costiera libica accusa l'Alleanza Atlantica di aver distrutto il 70 per cento della forza navale libica durante i raid mirati a rovesciare l'ex colonnello Muammar Gheddafi.

 - INFOPHOTO
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E' una flotta ai minimi termini quella sulla quale si basa la guardia costiera libica, chiamata a far fronte a centinaia di migranti arabi e africani che cercano di attraversare il Mar Mediterraneo per approdare sulle coste europee. Le quattro navi più grandi, quelle che meglio potrebbero soccorrere i migranti e fermare il loro flusso, sono attualmente in Italia per la manutenzione. A far luce su una flotta seriamente danneggiata dall'intervento militare guidato dalla Nato per fermare il regime di Muammar Gheddafi nel 2011 è il Financial Times. Che parla di gommoni senza giubbotti salvagente costretti ad affrontare anche contrabbandieri armati, come spiega il capitano Abdul-Salaam Gritly.

I funzionari libici si rivolgono quindi ai leader europei, dicendo loro che dovrebbero guardare ai propri errori e alle politiche messe in atto a fermare i migranti, che con l'uso di droni e con gli aerei che sorvolano le coste terrorizzano gli stessi guardacoste della Libia. "Usciamo di notte e non c'è comunicazione con le altre forze", spiega il colonnello Mohammed Dandi, responsabile della divisione della guardia costiera che sovrintende Tripoli e la zona circostante, dalle cui spiagge la maggior parte dei contrabbandieri parte di notte per l'Italia. "Ci sentiamo intimiditi dai droni e dagli elicotteri. Non abbiamo giubbotti antiproiettile e non abbiamo la possibilità di vedere in notturna. Ci affidiamo soprattutto al nostro udito. I miei uomini potrebbero essere vittime di sparatorie. Perché dovremmo rischiare? La mia gente è più preziosa di quella" che tenta di emigrare, ha aggiunto.

Funzionari libici stimano che il numero di migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo sia triplicato rispetto allo scorso anno, spronato dal crollo della sicurezza dopo la guerra del 2011 che ha portato alla deposizione di Gheddafi e la guerra civile attualmente in corso. L'ondata migratoria ha portato con sé una crisi umanitaria, con centinaia di persone che annegano in mare. Inoltre la carenza di gasolio limita le attività della guardia costiera libica e la guerra ha sottratto risorse finanziarie e politiche a protezione delle frontiere.

Pur riconoscendo l'impatto della guerra civile sui tentativi di fermare i migranti, molti libici incolpano soprattutto l'Occidente di non aiutare la Libia a rialzarsi dopo la guerra guidata dalla Nato per rovesciare Gheddafi. Il colonnello Ayoub Amr Qassem, portavoce della guardia costiera libica, accusa ad esempio la Nato di aver causato danni per centinaia di milioni di dollari alla flotta del paese, ovvero al 70 per cento delle sue forze navali. "Navi essenziali a proteggere le nostre coste sono state purtroppo distrutte in attacchi aerei della Nato. Ora non abbiamo la capacità di combattere il traffico di persone, ma anche la pesca illegale e il contrabbando'', ha aggiunto.

Qassem sostiene infine che ''la guerra civile è una grande scusa usata'' dalla comunità internazionale per non fornire aiuti. ''Ci dicono formate un governo di unità nazionale e vi daremo le navi'', dice sfiduciato.

In Libia esistono attualmente due governi, di cui solo uno, quello 'esiliato' a Tobruk nell'est del Paese per motivi di sicurezza, conta un Parlamento eletto ed è riconosciuto dalla comunità internazionale. L'altro, a Tripoli, è invece sostenuto dai Fratelli Musulmani e dalle milizie islamiste.

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