La ministra tace. Parlano a sua difesa Brunetta e Carfagna: "Ha ragione, c'è malcontento diffuso e profondo"
"In Forza Italia non succede assolutamente niente, nella maniera più assoluta, sono veramente sereno al 100%. Non so cosa gli è preso a questi qua...". A Bruxelles per il vertice del Ppe Silvio Berlusconi minimizza sull'infuocata assemblea dei deputati di Fi tenutasi ieri per l'elezione del 'dopo Occhiuto' e culminata con la levata di scudi dell'ala governativa guidata da Maria Stella Gelmini. Il Cav riserva una vera e propria stoccata al suo ministro: ''Parliamo di problemi concreti e di cose serie, io non so cosa le sia successo: le dichiarazioni di ieri sono contrarie alla realtà".
L'ex premier non si capacita della reazione dell'attuale coordinatrice regionale in Lombardia che ha lanciato un j'accuse preciso (''ci nascondono il presidente, se si continua così resteremo in dieci...''). ''Per quanto riguarda i rapporti con i ministri al governo, c'è sempre stata una riunione dei tre ministri con i vertici di Fi ogni settimana", dice indispettito il presidente di Fi, che esclude rotture: ''Oggi i giornali parlano di separazione, tutte cose esagerate, non c'è nulla di cui io mi debba preoccupare". Di fronte al gelo di Berlusconi, Gelmini, raccontano, resterà in silenzio, per scelta e rispetto nei confronti del leader. "Quel che il ministro doveva dire, l'ha detto ieri'', dice a mezza bocca un esponente di spicco dell'ala governativa. Gelmini, a quanto apprende l'Adnkronos, così come Mara Carfagna e Renato Brunetta, non ha nessuna intenzione di strappare, ma è determinata a continuare la sua battaglia dentro il partito.
La convinzione è che quando sarà chiusa definitivamente la partita del Colle e scatterà il 'tana libera tutti', anche Berlusconi si convincerà della necessità di cambiare rotta dentro Fi. Se Gelmini preferisce mantenere la consegna del silenzio, a parlare a 'sua difesa' sono per primo Brunetta, che ieri sera ha incontrato il Cav a 'Villa Grande' (''Il malcontento c'è, è diffuso, Mariastella ne ha dato corretta raffigurazione, e io stesso l'ho ribadito al presidente Berlusconi'') e poi Carfagna da Napoli: ''Gelmini ha avuto il merito e il coraggio di esprimere un disagio diffuso e profondo". ''Non si è trattato di uno sfogo ma - ha assicurato la ministra del Sud - di una denuncia politica sulla gestione del partito largamente condivisa da parlamentari e dirigenti, non si può far finta che tutto va bene''.
Fino alle elezioni del nuovo capo dello Stato, la voce dei ministri forzisti sarà univoca nel denunciare le 'carenze' della gestione del partito, una sorta di spina del fianco. Nessuno, dunque, pensa di andar via. Anche perché, fanno notare i filosalviniani e chi non ha condiviso per ragioni diverse la richiesta di scrutinio segreto per scegliere il nuovo capogruppo alla Camera, con l'attuale Rosatellum chi va fuori dai poli non entrerà mai in Parlamento. Numeri alla mano, racconta chi ha in mano il dossier legge elettorale, allo stato e con le attuali percentuali, a Fi converrebbe più il maggioritario del ritorno al proporzionale. Questo spiega, fanno notare, l'asse sul Rosatellum emerso ieri al vertice dei centrodestra a 'Villa Grande', nel nome dello spirito della coalizione.
Chi, invece, tra gli azzurri, spinge per il proporzionale, come strumento per 'affrancarsi' dai sovranisti Salvini-Meloni, è convinto che Berlusconi cambierà idea dopo che si sono chiusi i giochi del Colle, quando non ci sarà più nulla da perdere. Intanto, l'ala governativa prova a organizzarsi in vista della guerra di trincea dei prossimi mesi. Sullo sfondo, dunque, quella che molti hanno definito la 'battaglia per la sopravvivenza' tra calcoli e ansie per strappare una ricandidatura di fronte a un futuro incertissimo e alla prospettiva di uno scranno solo per pochi, 20 al massimo 30, tra Camera e Senato. A maggior ragione, nonostante l'invito da Arcore a sopire e minimizzare, è destinata a continuare la guerra sotto traccia tra le due correnti interne. Gli occhi restano puntati sul cosiddetto elenco dei 26, i deputati che ieri formavano un terzo del gruppo per formalizzare la richiesta di scrutinio segreto volta a stoppare la blindatura del tajanano Paolo Barelli. Una votazione poi venuta meno con il ritiro della firma da parte di Pietro Pittalis che ha spinto al passo indietro Sestino Giacomoni, altro contendente in campo per il 'dopo Occhiuto'.
Contattati dall'Adnkronos c'è chi ha chiesto di restare anonimo, chi ha detto che il suo nome poteva essere pubblicato, chi ha negato di aver mai sottoscritto il documento, anche se da più parti veniva dato per certo. In ogni caso, emerge un quadro d'insieme di un partito disorientato, diviso e spaventato dal quel che verrà, nonostante le smentite ufficiali. Difficile dire, quindi, quanti di coloro che hanno chiesto il voto poi davvero andranno oltre la firma e faranno sentire la loro voce al fianco dei ministri, che hanno denunciato un profondo cambiamento di Forza Italia. Allo stato, l'impressione è che nessuno andrà via e che i malumori nei confronti della linea del Cav restino sono degli 'off', ma c'è anche la consapevolezza che per non lasciare 'isolato' il j'accuse della Gelmini qualche iniziativa politica si dovrà pure prendere, altrimenti tutto si risolverà in quello che un esponente azzurro di lungo corso definisce 'tanto rumore per nulla'.