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Forza Italia e quel vertice notturno per il patto Ursula su Casini, poi la virata di Salvini

29 gennaio 2022 | 21.45
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Fino all'ultimo i 'centristi' hanno lavorato per portare Casini al Colle

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Fino all'ultimo i 'centristi' hanno lavorato per portare Pier Ferdinando Casini al Colle. L'accordo tra i partiti di entrambi gli schieramenti sembrava cosa fatta. Ma poi qualcosa è andato storto e tutti hanno preferito aggrapparsi alla ciambella di salvataggio del Mattarella bis, ipotesi rimasta sempre sullo sfondo. Per capire cosa è accaduto bisogna riavvolgere il nastro. Già fallita alla vigilia della quarta votazione per i dubbi di Lega e Fdi, l'operazione 'Casini for president' è stata tenuta coperta e condotta sotto traccia da Fi e una parte dei 'centristi' del centrodestra (Udc, Noi per l'Italia e Cambiamo) per tutta la giornata di ieri. Poi la svolta, poco prima di mezzanotte, quando Antonio Tajani, su input di Silvio Berlusconi, annuncia di tenersi le mani libere per trattare con la sinistra su un nome condiviso per il Quirinale, smarcandosi da Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Il numero due azzurro incontra nella notte, a lungo, Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa, Antonio De Poli, Giovanni Toti e Gaetano Quagliariello. Con il numero due forzista anche Licia Ronzulli e i capigruppo di Camera e Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini. Attovagliati nel privé del ristorante Maxela di piazza della Maddalena, a pochi passi da Montecitorio, nasce il 'patto centrista' per spingere un politico, l'ex presidente della Camera, al Colle più alto con una maggioranza Ursula, coinvolgendo Pd, M5S e Iv, con la benedizione del Cav. Pallottoliere alla mano, si fanno calcoli su calcoli per verificare se ci sono i numeri in Parlamento.

Le manovre centriste, raccontano, arrivano alle orecchie di Salvini, che capisce l'antifona, si vede già tagliato fuori dai giochi e decide di fare un'inversione a 'U' in zona Cesarini, rompendo l'asse con Giuseppe Conte su Elisabetta Belloni per puntare su Mattarella bis. Anche Fdi subodora qualcosa e sospetta che fallito ora il blitz su Casini, il patto Ursula possa poi rispuntare sul proporzionale. Bruciata la carta Casini e raggiunto alla fine di una giornata sull'ottovolante l'accordo bipartisan per la rielezione dell'attuale capo dello Stato, resta però la novità politica dell'asse Fi-centristi nel nome del Ppe, che rivendica i suoi spazi nel centrodestra e marca le distanze dal fronte sovranista Salvini-Meloni.

''In queste elezioni presidenziali -assicura Tajani- si è molto rafforzata la componente che fa parte della grande famiglia del Ppe. Stanotte -rivela- c'è stata una lunga riunione di Fi con Udc, Noi per l'Italia e 'Cambiamo', intanto, per un coordinamento forte in vista dell'elezione del capo dello Stato. Mi auguro che questo coordinamento dell'area popolare all'interno del centrodestra possa andare avanti anche nei prossimi giorni e nei prossimi mesi''.

Parole che si prestano a varie interpretazioni. Secondo alcuni preannunciano la nascita in futuro di un nuovo contenitore politico moderato, secondo altri, di certo, una nuova battaglia interna alla coalizione per la leadership. Intanto, il fronte centrista del Ppe già segna una defezione, per ora, quella dell'ala di 'Coraggio Italia' guidata dal suo presidente Luigi Brugnaro: ''Non c'ero a questa riunione, non c'entro nulla con questa iniziativa, non sono certo il tipo che dà deleghe a qualcuno... Si vince e si perde tutti insieme, Coraggio Italia è e resta nella coalizione di centrodestra, ho un buon rapporto con Salvini e Meloni''.

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