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Cinema

Foto, video e oggetti di scena: una mostra omaggia Ettore Scola

09 maggio 2016 | 17.51
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Ettore Scola (Afp)
Ettore Scola (Afp)

La vita professionale e privata di Ettore Scola dall’infanzia a Trevico, paese natìo in provincia di Avellino fino all'ultimo film 'Che strano chiamarsi Federico' del 2013, omaggio all'amico e collega Federico Fellini. A raccontarla è la mostra 'Piacere, Ettore Scola' che sarà allestita dal 16 settembre al 23 ottobre al Museo Carlo Bilotti di Roma.

L'esposizione è stata illustrata oggi al Teatro Eliseo alla presenza della moglie del regista Gigliola Fantoni, insieme alla figlia Silvia Scola. Con loro anche Giovanna Ralli, attrice storica delle pellicole del 'maestro', i due curatori Marco Dionisi e Nevio De Pascalis e Piera Detassis, presidente Fondazione Cinema per Roma. A salutare la famiglia Scola, anche Sergio Castellitto, Ricky Tognazzi, Luca Barbareschi ed Erminia Manfredi.

Prodotta da Show Eventi in collaborazione con CityFest, programma di eventi culturali della Fondazione Cinema per Roma presieduta da Piera Detassis, la mostra propone fotografie, disegni, oggetti di scena, carteggi e video che ricostruiscono il percorso artistico e la vicenda umana di Scola, "un professionista eclettico, complesso, acuto e amaro osservatore del costume nazionale" come ricordano i due curatori.

Ben dieci le sezioni della mostra, suddivise in due parti: una cronologica e una tematica. Il percorso espositivo, infatti, prende le mosse dagli anni dell’infanzia e della formazione a Trevico e nel quartiere Esquilino di Roma, passa poi per gli anni giovanili in cui Scola fu prima vignettista del settimanale umoristico 'Marc’Aurelio' e collaboratore ai testi di varietà sia radiofonici che televisivi della Rai, oltre che sceneggiatore di film comici insieme con Metz e Marchesi o in coppia con Ruggero Maccarino all’approdo al cinema d’autore con Pietrangeli e Risi. Si arriva agli anni della regia, dal 1964, dall’esordio 'Se permettete parliamo di donne' a 'Che strano chiamarsi Federico'.

La parte tematica della mostra, invece, analizza dapprima il rapporto con attori e collaboratori, ricostruisce l’impegno civile e politico di Scola, rende omaggio alla sua Roma, alla passione per il teatro e a quella, grandissima, per il disegno. Saranno proprio i disegni a fare da filo conduttore di tutta la mostra, originali su carta e realizzati dal regista: il primo disegno pubblicato sulla rivista 'Il Travaso delle idee' del 1946; dieci disegni risalenti al periodo trascorso proprio nella redazione del 'Marc’Aurelio' e nelle altre riviste umoristiche dell’epoca; cinque disegni dedicati a Totò e oltre duecento disegni realizzati dall’infanzia fino ai giorni nostri, molti dei quali creati per personaggi, inquadrature e scenografie dei suoi film.

Non meno imponente il repertorio fotografico: oltre cento istantanee personali e inedite dello stesso Scola e oltre quattrocento fotografie dei film come 'Che ora è' (1989) con Marcello Mastroianni e Massimo Troisi, e 'Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa' (1968) con Alberto Sordi, Nino Manfredi e Bernard Blier, che è stato il suo primo successo.

Numerosi anche i contributi audiovisivi provenienti dagli archivi dell’Istituto Luce, di Rai Teche, della Cineteca di Bologna, di Aamod, del Centro Cinema Città di Cesena. A spiccare è anche l’intervista al 'Maestro' realizzata dai curatori della mostra su tutta la sua storia professionale e privata.

In questo viaggio nell’universo narrativo di Scola trovano spazio anche i vinili originali delle colonne sonore dei film 'Maccheroni' (1985), 'Ballando ballando' (1983), 'La marcia su Roma' (1962) e 'Se permettete parliamo di donne', oltre alle locandine dei film e ai modellini dello scenografo Luciano Ricceri per la scenografia de 'Il viaggio di Capitan Fracassa' (1990) e a oggetti come la macchinina di legno de 'La famiglia' (1987), la celebre lettera del film 'Totò, Peppino e la Malafemmina' alla cui stesura Scola partecipò giovanissimo o, ancora, la sedia personale da regista di Scola in 'Che strano chiamarsi Federico'. Quest’ultimo film viene ricostruito con tutti i disegni utilizzati da Scola, articoli di giornale, decine di foto di scena e fuori scena e la macchina da scrivere del ’49.

Quella di Scola è stata una carriera costellata di riconoscimenti a livello internazionale, per questo in mostra saranno esposti anche tutti i premi vinti dal regista: dalle lettere ricevute in occasione delle sue nomination agli Oscar per il miglior film straniero – ben quattro – ai sei David di Donatello, dalla Spiga d’Oro di Valladolid, all’Orso di Berlino, dal Globo d’Oro al premio per il primo posto al Festival Internazionale del Cinema di Mosca.

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