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Francia: la Bretagna è pronta a produrre vino

22 giugno 2022 | 09.01
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Clima oceanico, graniti e scisti. Il sogno della Bretagna, quello di produrre vino, potrebbe finalmente prendere forma.

Francia: la Bretagna è pronta a produrre vino

Si sa, i cambiamenti climatici stanno rivoluzionando la viticultura mondiale. In Bretagna tutto ciò potrebbe essere un'opportunità. Ne parla La Revue du Vin de France in un articolo dove afferma che più che di avvio della viticoltura si può parlare di rinascita. “In effetti, il vigneto bretone esiste da molto, molto tempo”, sottolinea Remy Ferrand, presidente dell'Associazione per il riconoscimento dei vini bretoni (ARVB), che riunisce i viticoltori dilettanti – da non confondere con l'Associazione dei vini bretoni viticoltori Bretoni (AVB) che riuniscono produttori professionisti. L’ambizione di questi pionieri va ben oltre: produrre un vino locale, degno dei più grandi vigneti francesi.

La vite in Bretagna era quasi scomparsa, anche se documenti attestano che nel 1848 erano ancora presenti 800 ettari di vigneto. Per alcuni, il vino bretone chiamato muscadet o gros-plant non ha mai smesso di esistere. La vite, si dice, fu piantata nel V secolo dai monaci per le esigenze del culto cristiano. Gli scritti attestano la presenza della vite a nord, nella valle del Rance (vicino a Saint-Malo), ma anche nella penisola di Rhuys, nel Morbihan, e ad est, intorno a Redon. Attorno a questi vigneti reliquia oggi si è formato un gruppo di appassionati e studiosi, riunitosi nel 2006 all'interno dell'ARVB. “L'associazione nasce per difendere il diritto alla proprietà dei vitigni storici", precisa Remy Ferrand.

Vino e Bretagna hanno dunque un passato comune. Oggi grazie alle autorizzazioni per nuovi impianti vinicoli, grazie all’evoluzione dei disciplinari, alla spinta dei cambiamenti climatici e di viticoltori entusiasti, la Bretagna produrrà finalmente i suoi primi vini. Sono già stati piantati 45 ettari e altri 200 ettari arriveranno entro il 2023. Edouard Cazals, giovane enologo bretone, nel 2019 ha iniziato a coltivare Pinot Nero e Chardonnay a pochi chilometri da Saint Bad su una splendida collina che domina la Rance. L’azienda, Cabane aux Longues Vignes, prende il nome della località evidenziando come in passato la viticultura era già presente. Nel 2020 ha piantato altri due ettari con l’obiettivo di produrre circa 25.000 bottiglie all'anno: un bianco secco, un rosso leggero e uno spumante. I primi vini firmati Édouard Cazals sono attesi per il 2023.

Il riscaldamento del pianeta ha cambiato, almeno per la Bretagna, il corso della viticoltura favorendola innegabilmente. “Le temperature sono aumentate in media di un grado in sessant'anni», spiega il geografo, coinvolto nel progetto Laccave a Inrae”. Clima, suolo, mano dell’uomo, il cosiddetto terroir, sono il punto di partenza per il recupero di una viticoltura in un territorio dalle grandi differenze tra la costa e l'interno, il nord e il sud, l'ovest con le influenze oceaniche e l'est con il bacino “secco” di Rennes. Nessuna tendenza significativa, invece, in termini di precipitazioni. "Rennes oggi ha il clima di Angers cinquant'anni fa. I pessimisti parlano di “mediterraneanizzazione” della Bretagna entro la fine del secolo. Un fenomeno non privo di problemi ma generalmente positivo per la vite.

Da Carignano a Rostrenen anche il suolo sembra essere ottimale. “Ovunque tu sia in Bretagna, ti imbatti immediatamente nel substrato roccioso, il granito. Ma su questa base di suoli acidi, con un pH basso, ci sono in realtà moltissimi terroir diversi”, sottolinea Valérie Bonnardot. Una diversità che resta da mappare… “Il sud, la regione di Vannes, è molto favorevole per la viticoltura, ma anche la valle della Rance e le sue belle colline”, precisa il geografo. Oggi, invece, ci sono progetti in divenire nei quattro dipartimenti, anche nella Bretagna “interna”. È importante fare le scelte giuste, piantare i vitigni più idonei. Ma quali? Questo è il vero punto di domanda. Ad oggi sono coltivati Chardonnay, Pinot Gris, Chenin, Grolleau, Folle Blanche, Albarino, Pinot Nero, Treixadura, Cabernet Franc, Pineau d'Aunis, Savagnin.

L'Associazione dei Vignaioli Bretoni esiste da pochi mesi, ma ha già serie ambizioni. Non ancora quella di presentare all'Inao una pratica per la creazione dell'IGP Bretagne. "È troppo presto", afferma Loïc Fourure, il presidente. Ma lo statuto dell'associazione prevede già il divieto di tutti i pesticidi sintetici da parte dei suoi membri. "Finora è stato il nostro più grande dibattito", afferma Loïc Fourure. Catherine Bourdon sostiene che non sarebbe rimasta nell’associazione se non si fosse presa questa decisione “L'ecologia è la mia battaglia. Siamo i giovani viticoltori. Se non prendiamo questo impegno, siamo patetici”. Catherine ha preso a bordo nel suo progetto i suoi amici viticoltori Lise e Bertrand Jousset (Montlouis) per piantare Chenin a Quiberon. Realizza così il suo sogno, un'estensione della superba carta dei vini del ristorante Le Petit Hôtel du Grand Large dove dirige insieme al marito, lo chef Hervé Bourdon. Oltre alla sua tenacia, può contare sull'esperienza di Bertrand Jousset, appassionato viticoltore della Loira. “Abbiamo fatto uno studio del suolo, e questi sono terroir sacri di formazione granitica, osserva. Sono piuttosto curioso di vedere cosa succede”.

In Bretagna per la maggior parte degli interlocutori la viticoltura e le specificità del settore vitivinicolo sono un nuovo mondo. La Camera dell'Agricoltura, ad esempio, non dispone di personale formato per affrontare l'argomento. “Per fare delle analisi bisogna mandare il campione a Nantes”, ricorda Roland Conq. Questa sarà senza dubbio una delle più grandi sfide per la viticoltura bretone: acquisire, molto rapidamente, le competenze e le risorse necessarie per essere autonomi. “Per ora, l'AVB si è rivolta al Gruppo di agricoltura biologica Loire-Atlantique (GAB) per il supporto tecnico. I membri del GAB prendono molto sul serio i nostri progetti e sono dotati di una solida esperienza di vitigni biologici in un clima oceanico”, spiega Loïc Fourure. "Perché con anni come il 2021, episodi di gelo e attacchi di muffa, è necessario avere un bagaglio di esperienza", afferma Mathieu Le Saux, di Groix.

Per il momento, sebbene ci sia il vigneto bretone, il vino resta un'incognita. Nessun membro dell'AVB lo ha mai prodotto e venduto. Sicuramente le cuvée realizzate dai viticoltori dilettanti dell'Associazione per il riconoscimento dei vini bretoni sono promettenti. “Ogni anno, durante l’assemblea generale, l'ARVB organizza una degustazione alla cieca con professionisti che l'hanno definito buono, senza mai indovinarne l'origine", vanta Remy Ferrand, il suo presidente. “Aspettatevi vini bianchi secchi, ma anche bollicine”.

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