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Calcio: Gabrielli, derby? Non sono serenissimo

06 novembre 2015 | 13.25
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Il prefetto di Roma, Franco Gabrielli (Foto Infophoto) - INFOPHOTO
Il prefetto di Roma, Franco Gabrielli (Foto Infophoto) - INFOPHOTO

"Per il derby di domenica bisogna avere in qualche modo un po’ paura? Io non sono serenissimo, purtroppo anche lo scorso derby che è stato fatto senza barriere e non c’era la questione di cui stiamo parlando, un derby in cui abbiamo impiegato 1700 uomini e purtroppo ci sono stati due accoltellati, ci sono stati incidenti a Ponte Milvio, ci sono state cariche. Questo è il tifo che dal mio punto di vista non solo allontanerà le persone per bene dallo stadio, non solo costringerà noi a far caricare sui contribuenti un onere ormai non più sopportabile, e ovviamente porterà la radicalizzazione dei confronti". Lo ha detto il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, ai microfoni di Radio Radio, parlando del derby che andrà in scena allo stadio olimpico domenica alle ore 15, e delle sue preoccupazioni per una sfida che in passato ha fatto parlare di sé più per i fatti accaduti fuori dal campo.

"Io che sono un inguaribile ottimista confido nel fatto che alla fine prevalga il buon senso, anche se purtroppo in alcuni settori il buon senso non ha cittadinanza, ma noi ci stiamo attrezzando e gestiremo come al solito e al meglio delle nostre possibilità e capacità. Ci sono professionisti impegnati domenica. Poi tireremo le somme -sottolinea Gabrielli-. È chiaro che se questi signori pensano che l’unica logica è quella dello scontro credo che siano destinati non solo a farsi del male, oltre a far male agli altri, ma anche a far sì che questo stato di cose permarrà senza fine".

Gabrielli torna a parlare della suddivisione delle due Curve dell'Olimpico che tanto ha fatto discutere ed ha portato allo sciopero dei tifosi. "Il tema dell’incolumità, di creare delle condizioni per ripristinare delle regole all’interno di un impianto sportivo, è solo per riportare il tifo del calcio allo stadio. Sembra quasi che ci siano delle persone che siano portatrici esclusive del tifo. Ma gli altri settore dello stadio, le persone che vanno a tifare la squadra sono tifosi di serie B? Sono persone che non hanno a cuore il destino della loro squadra? Oppure il tifo ha solo una connotazione geografica identitaria particolare?", si chiede il prefetto di Roma.

"Io credo che sia anche un’offesa alla stragrande maggioranza del tifo capitolino il fatto di dire 'noi siamo i depositari del tifo'. Io trovo immorale far impiegare 1700 uomini per una partita di calcio quando ci sono intere aree della città che non vedono una volante neanche pagandola di tasca propria. Tutto questo lo dobbiamo perché in questa città ci sono ancora manifestazioni di tifo violento, le pungicate, gli accoltellamenti che ormai non ci sono più in gran parte di Europa e ci sono a Roma. E allora cominciamo a invertire l’ordine dei fattori", aggiunge Gabrielli.

"Io ho detto: 'Guardate, dimostrateci nei fatti che il tifo è soltanto la partecipazione a un evento sportivo e io per primo sono disposto a rivedere determinate posizioni. Le barriere non le abbiamo costruite con il cemento armato, non le abbiamo costruite per essere inamovibili, le abbiamo messe perché chiaramente abbiamo fatto seguire dei provvedimenti a dei comportamenti. Dimostrateci che tutto questo è superfluo. I più grandi fautori della pace sono i militari perché alla fin fine in guerra ci vanno loro. Io ho tre figli che tra un po’ chiederanno di cambiare il cognome per le contumelie che si sentono sui social network. E tutte queste contumelie, e qui è il paradosso, nascono da un provvedimento che è volto a a garantire la sicurezza per le stesse persone che fanno del mio cognome l’obiettivo dei peggiori insulti", conclude il prefetto di Roma.

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