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Green Pass, Galli: "Priorità è persuadere italiani a vaccinarsi"

22 luglio 2021 | 08.20
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"Sono d'accordo fino a un certo punto nel sostituire i ricoveri ai contagi come criterio per le zone gialle"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Sul Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro si può e si deve discutere. La priorità è persuadere gli italiani a vaccinarsi, ma senza obblighi". Lo dice alla Stampa Massimo Galli, professore ordinario di Malattie Infettive all'Università Statale e primario al Sacco di Milano, sottolineando che “i vaccini hanno cambiato la storia e ci proteggeranno dalla quarta ondata, ma bisogna che si vaccinino tutti in Italia e non solo, altrimenti la partita non finirà a meno che il virus non si indebolisca da solo. Purtroppo alcune regioni vanno a rilento. Sono d'accordo fino a un certo punto nel sostituire i ricoveri ai contagi come criterio per le zone gialle. Mi ricorda Johnson e la teoria del ‘ci si infetta, ma tanto non si finisce in ospedale’. Oltre alle ferie si paga il ritardo nella definizione del Green Pass e in giro sento troppa preoccupazione degli effetti a breve e lungo termine dei vaccini e poca di quelli del Covid”.

Il nuovo Green Pass, secondo l’infettivologo, “porterà un effetto positivo come in Francia. Confonde invece l'atteggiamento verso i guariti, che meritano il Green Pass anche senza vaccinazioni. Nelle situazioni di comunità il Green Pass è utile. Deciderà il ministero della Sanità. Quanto a chiedere una dose nei ristoranti e due in discoteca, nutro qualche dubbio sui controlli, che mi sembrano più assicurati in grandi eventi, cinema e teatri". Intanto i mezzi pubblici girano pieni. “È il motivo per cui le mascherine sono ancora importanti”, risponde Galli, che spiega che “bisogna ridurre la circolazione dell'infezione aumentando i vaccinati, da cui l'utilità dell'allargamento del Green Pass come strumento di persuasione. L'obbligo di vaccinazione? Solo per medici e infermieri del servizio pubblico, e anche qui ricordiamoci dei guariti che possono non vaccinarsi”.

Riguardo all’eventualità che serva una terza dose, Galli afferma che “non è detto, se non in casi particolari come le persone fragili o su cui il vaccino non ha avuto effetto. Pfizer spinge per la terza dose, ma nel caso che sia una versione aggiornata alle nuove varianti e non la riedizione del vecchio vaccino”. Quanto alla riapertura della scuola in presenza, si devono “persuadere gli insegnanti a vaccinarsi per tempo, anche perché sono più a rischio degli studenti. Poi non potremo avere tutti i ragazzi coperti per settembre, anche perché al momento la vaccinazione è autorizzata fino a 12 anni, ma si potrebbe mettere in campo un sistema di sorveglianza epidemiologica per non permettere che diventino il principale serbatoio del virus. Bisogna spiegare che si possono ammalare raramente, però senza i giovani non si mette in sicurezza l'Italia, dunque tengano la mascherina con generosità e corrano a vaccinarsi”.

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