Guerra Ucraina-Russia, Gismondo e Pistello: "Anche per rifugiati obbligo green pass"

04 marzo 2022 | 12.38

Secondo i virologi "devono valere le stesse regole e a chi non è vaccinato deve essere data l'opportunità di vaccinarsi"

Green pass e super green pass anche per i profughi che fuggono dalla guerra tra Russia e Ucraina e arrivano in Italia. A chiederlo, dopo che il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha chiarito che ai rifugiati non sarà chiesto il certificato verde rafforzato, sono diversi virologi.

Secondo Mauro Pistello, direttore Unità di Virologia Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, "chi arriva in Italia deve necessariamente rispettare le regole e questo vale anche per il green pass. Soprattutto poi se parliamo di profughi che arrivano da un Paese dove la copertura vaccinale anti-Covid è circa del 30%. Dobbiamo essere sicuri che non arrivino positivi in Italia e poi a chi non è vaccinato deve essere data l'opportunità di vaccinarsi, ma devono sapere che qui c'è il green pass e dovranno adeguarsi", ha detto all'Adnkronos Salute.

Sulla tessa linea la microbiologa Maria Rita Gismondo. "Braccia aperte agli ucraini che hanno sicuramente bisogno di essere accolti. Ma bisogna aiutarli garantendo massima sicurezza a loro e a noi, e senza lasciare che diritti diversi valgano per persone che vivono sullo stesso territorio". Per questo è giusto che si preveda "immediatamente" un'immunizzazione con le stesse regole in vigore per i cittadini italiani in ottica super Green pass. "Le mie osservazioni restano come sempre di tipo virologico-epidemiologico, e non politico", premette all'Adnkronos Salute la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano.

"Io credo che sul suolo italiano come principio tutti debbano seguire le stesse regole" e quindi, "vista l'emergrenza - precisa Gismondo - evidentemente potremo prevedere un controllo con tampone a stretti intervalli di tempo, con l'immediata vaccinazione di chi non è vaccinato secondo le regole italiane, in modo che in un tempo relativamente breve si possa ottenere sia il controllo" di un'eventuale circolazione virale "sia il raggiungimento del super Green pass. Perché trovo estremamente scorretto - ripete l'esperta - che ci siano diritti diversi per persone che vivono sullo stesso territorio".

Secondo l'immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata, "pensare di entrare in contatto con migliaia di persone senza strumenti di protezione non è un gesto di magnanimità né di fraternità, ma un rischio per la salute di tutti. Ecco perché, se pur nell’emergenza umanitaria in atto e dopo scontri epocali con no-vax e no-Gp, al di là delle mascherine magari appoggiate sulla bocca e dei tamponi, green pass ed eventuali conseguenti limitazioni non devono essere cancellati con un colpo di spugna, perché il Sars-Cov2 non riconosce il significato della politica internazionale. La sua è già da due anni una guerra mondiale". "Il dovere dell’accoglienza e del soccorso ai profughi non deve farci dimenticare che abbiamo ancora una pandemia in corso, con milioni di morti su scala mondiale, per quanto la notiziabilità del fenomeno pandemico da qualche settimana ha subito, con quanto beneficio lo vedremo nelle settimane a seguire, un brusco calo", conclude Minelli.

Diversa l'opinione del di Fabrizio Pregliasco, secondo cui "si tratta di una situazione particolare, non si può dire 'vieni qua però ti 'pungo' per forza se no vai da un'altra parte'". "E' chiaro che c'è un rischio oggettivo - chiarisce il docente della Statale di Milano - ma insomma sarà da monitorare in termini complessivi nell'ambito di un'accoglienza che deve ovviamente offrire assistenza anche sanitaria, come peraltro ha già previsto il commissario Figliuolo". "Noi stiamo andando sperabilmente verso una normalizzazione della situazione Covid - sottolinea Pregliasco - e in questo quadro si inserisce l'arrivo di persone che non sono cittadini italiani. In Ucraina - ricorda l'esperto - solo un terzo della popolazione era vaccinato e quindi è un po' da comprendere qual è la loro percezione rispetto al rischio del virus, come è stata vissuta nel loro Paese la campagna vaccinale, insomma ci vorrà anche una comunicazione che non sarà immediata".

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