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Guerri: "D'Annunzio col fascismo non c'entrava niente"

03 luglio 2020 | 10.41
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"Ho liberato D'Annunzio da questo marchio di infamia", dice il presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Come presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Giordano Bruno Guerri ha fatto soprattutto "un'opera di verità e di giustizia storica: ho defascistizzato Gabrlele D'Annunzio. Ho fatto capire che D'Annunzio col fascismo non c'entrava niente. Tra i ventimila oggetti che abbiamo al Vittoriale, non ce ne è uno richiami il regime". Lo rivendica lo stesso Guerri in un'intervista al "Qn - Quotidiano Nazionale", rilasciata alla vigilia dell'inaugurazione del teatro all'aperto nella casa-museo del Vate a Gardone Rivera (Brescia).

Guerri si riconosce il merito di aver messo fine all'identificazione tra D'Annunzio e Benito Mussolini, durata troppo a lungo. "Ho liberato D'Annunzio da questo marchio di infamia. Appena arrivato al Vittoriale ho fatto sbaraccare le bancarelle che vendevano magliette con le scritte 'me ne frego' e tutta quella paccottiglia nostalgica - racconta Guerri - Il fascismo si appropriò del Poeta, ma non viceversa. Basta leggere la Carta del Carnaro, la costituzione fiumana. Tutto era meno che fascista. Quando ancora in Europa si discuteva di voto alle donne e comunque in Italia non c'era, D'Annunzio stabilì che le donne potevano essere elette, dovevano fare il militare, prevedeva la partecipazione degli studenti nei consigli di istituto e dei lavoratori nei consigli di fabbrica, legalizzava il divorzio. Tutte cose che l'Italia avrebbe visto decenni dopo".

Guerri poi osserva: "Ho azzardato più volte un paragone ardito, alla fine dei conti meno ardito di quanto si pensi, tra Fiume e il Sessantotto. Ambedue rivoluzioni di giovani con elementi libertari, contro la classe dirigente della loro epoca, e ambedue volevano cambiare la società". Poi le cose andarono in modo diverso e venne il fascismo: "Sarebbe venuto comunque. D'Annunzio non era un politico, sottovalutò l'abilità e la spregiudicatezza di Mussolini, che lo prese in giro. Il Duce faceva la spia a Giolitti, e lo tradì".

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