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Ha ancora senso fare sfilate? Il ready to buy lancia la sfida

24 febbraio 2016 | 10.03
LETTURA: 6 minuti

La passerella della primavera/estate 2016 disegnata da Peter Dundas per Roberto Cavalli (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
La passerella della primavera/estate 2016 disegnata da Peter Dundas per Roberto Cavalli (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Quattro sfilate l'anno, due per l'uomo e due per la donna. Per non parlare delle capsule collection, delle pre-spring e prefall e in alcuni casi delle collezioni di alta moda, (due volte l'anno), della cruise o resort colection. Che senso ha presentare tutte queste collezioni e metterle poi in vendita sei mesi dopo se sul web possono essere viste e desiderate subito? Il dibattito sul futuro incerto delle sfilate, che nel sistema moda tiene banco da qualche mese, sembra aver trovato una soluzione concreta prima a Londra, con Burberry e Tom Ford, e poi a New York, dove gli stilisti si sono detti pronti a rivoluzionare il modo di fare e pensare la moda.

Qualche settimana fa proprio Burberry aveva annunciato che a partire da settembre, le collezioni uomo e donna saranno accorpate in un unico show, e sfileranno insieme in passerella due volte l'anno durante la London Fashion Week. L'etichetta disegnata da Christopher Bailey non avrà più quindi i quattro show annuali (due del menswear e due del womenswear) ma solo due. E non è tutto, perché in molti sono decisi ad abbracciare il concetto del see now-buy now, quel 'guarda ora, compra ora' proposto qualche mese fa dal presidente del FCDA, la Camera della Moda statunitense, Diane Von Furstenberg. In una manciata di giorni, titani del fashion a stelle e strisce come Michael Kors e Tommy Hilfiger hanno dato la loro benedizione al ready to buy, schierandosi in prima fila tra i sostenitori dell'instant shopping.

Il che, tradotto, equivale a rendere immediatamente disponibile alla vendita, (sia digitale sia fisica) le intere collezioni uomo e donna, annullando così i canonici 6 mesi di attesa tra la passerella e la disponibilità in negozio. "I cambiamenti che stiamo mettendo in atto - ha detto il direttore creativo e Ceo di Burberry, Christopher Bailey - ci consentiranno di costruire una più stretta connessione tra l'esperienza che abbiamo creato con le nostre sfilate e il momento in cui le persone possono fisicamente esplorare le collezioni". E se in molti si sono già proclamati devoti alla religione del ready to buy c'è anche chi, tra gli addetti ai lavori, ha iniziato a storcere il naso, ribadendo a voce alta il proprio 'no' categorico a questo nuovo modo di concepire la moda, che rischia di mettere in pericolo creatività e savoir-faire.

Di questo parere è Ralph Toledano, presidente della Fédération Française de la Couture, du Pret-à-porter des couturiers et des créateurs de mode, che martedì scorso ha dichiarato a Wwd che "il sistema attuale della moda è ancora valido", citando le cifre da capogiro che ruotano attorno al settore del lusso parigino come prova del successo del modello attuale: "Non c'è una sola persona che ha detto che il sistema attuale è un problema - ha concluso Toledano - La nostra clientela è educata e informata su come funziona".

Sulla stessa lunghezza d'onda, non sorprendentemente, si è allineato il patron del titano del lusso Kering, François Pinault, che conversando con il quotidiano americano non ha usato mezzi termini, dicendosi assolutamente contrario al 'vedi ora compra ora'. Questo sistema sarebbe colpevole, a suo avviso, di "negare il sogno e il desiderio" che provoca l'attesa di vedere il prodotto nei negozi sei mesi dopo la presentazione in passerella. "Ci sono dei brand per il quali la sfilata è un vero e proprio evento di comunicazione" ha sottolineato Pinault, che controlla, tra gli altri, Saint Laurent, Gucci e Stella McCartney.

E' presto per dire se la nuova strategia adottata da americani e inglesi sarà in grado di risolvere uno dei rompicapi attuali della moda, e cioè rendere disponibili da subito le collezioni, annullando di fatto i tempi e le modalità di tutta la filiera, dai produttori ai buyer, fino ai consumatori finali. Quel che è certo è che con l'avvento dei nuovi media (smartphone, blog e social network) le sfilate - visibili e fruibili in tempo reale sul web - si sono trasformate in potentissimi eventi di marketing e comunicazione, instillando nel consumatore la voglia di fruire subito della collezione appena vista, piuttosto che aspettare sei mesi per acquistarla.

Nel frattempo, la sfida lanciata Oltreoceano sembra avere tutte le carte in regole per scatenare l'effetto domino in tutto il sistema moda. L'ultima parola spetta a Milano, dove da oggi e fino al 29 febbraio si alterneranno 73 sfilate, 90 presentazioni, 9 presentazioni su appuntamento e 13 eventi per un totale di 182 collezioni di Milano Moda Donna. Un'edizione che sarà inaugurata per la prima volta dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

"Questa settimana racconta di un settore che ci vede protagonisti nel mondo per l'unicità dei nostri brand e della nostra industria - ha commentato il presidente di Camera nazionale della moda italiana, Carlo Capasa - e largamente primi in Europa per giro d'affari. E che parla, in sostanza, di quella fusione tra tradizione e innovazione che è motore della nostra storia".

Dopo Milano, il testimone passerà a Parigi, da cui in molti attendono la soluzione definiva a una querelle che si è certi, animerà ancora per molto gli operatori del fashion system.

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