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'Hiv? Zanzare lo trasmettono', poche e confuse le conoscenze degli adolescenti

30 maggio 2014 | 15.53
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'Hiv? Zanzare lo trasmettono', poche e confuse  le conoscenze degli adolescenti

(Adnkronos Salute) - Poche e confuse le conoscenze degli adolescenti italiani su Hiv, Aids e prevenzione, secondo lo studio 'Cosa ne sai?', voluto e finanziato dal ministero della Salute, condotto dall'università Ca' Foscari di Venezia e presentato oggi nella città lagunare dall'autore Alessandro Battistella. Secondo l'indagine, realizzata dal Laboratorio di ricerca sociale del Dipartimento di filosofia e beni culturali dell'ateneo, il 37,5% dei ragazzi tra i 14 e i 18 anni intervistati crede che le zanzare possano trasmettere l'Hiv anche se, rispondono, "è raro succeda". Rispetto a metodi alternativi al profilattico per prevenire il contagio, il 38,9% ha risposto "non so", mentre il 36,5%, soprattutto ragazze, ritiene pillola e spirale tecniche efficaci per scongiurare il pericolo.

La ricerca ha coinvolto oltre 6.000 studenti delle scuole superiori in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Campania e Sicilia. Si è trattato di una ricerca-azione poiché, dopo l'indagine, gli studenti hanno potuto scoprire e discutere tutti gli aspetti legati a Hiv e Aids in una apposita lezione. Su concetti chiave come 'periodo finestra' (quello che intercorre tra il contagio e il momento in cui è possibile diagnosticarlo attraverso il test) e 'periodo di incubazione', gli adolescenti mostrano, come prevedibile, le incertezze più gravi: i "non so" sono una larga maggioranza. Il 20% dei ragazzi crede che il test dell'Hiv serva a sapere quando si è geneticamente predisposti all'Aids, mentre il 16,8% ritiene che una persona sieropositiva non corra il rischio di infettare amici o conoscenti "se è attenta a evitare baci o contatti troppo stretti". E questo, sottolinea l'associazione dei pazienti Nps, indica che esistono ancora pregiudizi rispetto alle persone sieropositive.

"In materia di rischi nella convivenza con chi è sieropositivo all'Hiv - scrivono i ricercatori nel loro report - la mancanza di informazione regna sovrana: quasi nel 95% dei casi i ragazzi hanno risposto in modo inesatto o hanno dichiarato di non sapere nulla. Abbiamo riscontrato una grandissima attenzione da parte degli studenti - racconta Battistella - che ritengono la scuola il canale di informazione preferito su Aids e malattie sessualmente trasmissibili, anche se nella quotidianità è Internet il principale strumento di informazione".

Secondo i dati ministeriali, le nuove diagnosi di infezione da Hiv sono circa 4 mila l'anno; diminuisce la proporzione di tossicodipendenti, ma aumentano i casi attribuibili a trasmissione sessuale. L'informazione e la consapevolezza degli adolescenti è dunque cruciale per tendere all'obiettivo di ridurre drasticamente i nuovi casi.

Nel realizzare lo studio i ricercatori hanno scelto le 6 regioni nelle quali somministrare i questionari seguendo tre criteri: la rilevanza epidemiologica della malattia, le differenze nell'organizzazione socio-sanitaria e la rappresentatività del territorio nazionale. Guardando ai risultati, si notano differenze tra regione e regione ad esempio nelle fonti di informazione: in Veneto e Toscana dopo la scuola (27-28%) è il medico di famiglia a informare di più, mentre il Sicilia e Campania alla scuola (37-35%) segue la televisione (20-19%). Il Veneto (17%) presenta valori due volte e mezza superiori alla Sicilia (7%) nella propensione all'astinenza sessuale come metodo di prevenzione alternativo al profilattico.

L'indagine ha riguardato anche 952 persone rappresentanti della popolazione generale italiana. Il 6,4% ha risposto che una persona sieropositiva "si riconosce perché magra e sciupata", mentre in realtà non è affatto riconoscibile (60% le risposte corrette). Significativa la scarsa conoscenza sul periodo finestra e sul periodo di incubazione della malattia. I ricercatori hanno incontrato 215 persone immigrate, provenienti da 53 Paesi del mondo, con le quali hanno realizzato questionari e focus group. L'indagine ha riscontrato lacune e dubbi significativi. Il 28% crede l'Aids sia una malattia ereditaria, e la maggior parte ha dubbi sui veicoli dell'infezione. Infine, un questionario di 30 domande è stato costruito con la collaborazione di rappresentanti della comunità Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali trasgender) e sottoposto a 165 persone. Solo il 31% degli Lgbt hanno risposto correttamente che gli omosessuali maschi, senza precauzioni, sono più a rischio di contrarre il virus Hiv.

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