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"Ho denunciato il pizzo ma ho perso il lavoro", la rabbia dell'imprenditore

27 marzo 2021 | 15.24
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Era impegnato in opere di ristrutturazione a Palermo, i committenti gli hanno revocato l'appalto

Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

Non ha avuto dubbi davanti alla richiesta del pizzo. Con l'aiuto di un'associazione antiracket si è presentato dalla Guardia di finanza per raccontare tutto. Per gli esattori del racket sono così scattate le manette. Il primo a finire in carcere nei giorni scorsi è stato R. M., bloccato dalle Fiamme gialle, mentre riceveva dal costruttore 300 euro per la 'messa a posto'. Oggi, invece, è toccato O. D. M. Quello che il coraggioso imprenditore edile palermitano non poteva certo immaginare era di perdere il lavoro. Le proprietarie dell'appartamento che stava ristrutturando, infatti, hanno rescisso il contratto. A raccontarlo ai finanzieri del nucleo di Polizia economico finanziaria diretto dal colonnello Gianluca Angelini, è stato lo stesso professionista.

"Il giorno successivo all'arresto di Meli - riferisce - le committenti delle opere di ristrutturazione alla Vucciria di Palermo mi hanno convocato, mediante il direttore dei lavori, per discutere dell'andamento del cantiere". In occasione del faccia a faccia l'architetto raccontò la vicenda di cui era rimasto vittima, assicurando che non ci sarebbero stati intoppi e che i lavori sarebbero proseguiti "a regola d'arte e nei tempi concordati".

Rassicurazioni che non sono bastate, però. "Mi hanno manifestato seduta stante l'intenzione di risolvere il contratto di appalto - ha raccontato l'imprenditore agli investigatori -, giustificando tale proposito con i ritardi nell'esecuzione delle opere, ma esprimendo al contempo la loro delusione per non essere state informate immediatamente della vicenda non condividendo la scelta della denuncia".

Secondo il racconto dell'imprenditore coraggio una delle due committenti dei lavori avrebbe detto che "non c'era bisogno di arrivare a questo". "Così di comune accordo con il direttore dei lavori - spiega ancora il professionista - ho deciso di accettare la rescissione dell'appalto e di non proporre alcuna impugnazione".

La risoluzione del contratto di appalto, avvenuta su iniziativa delle committenti, "a prescindere da ogni considerazione circa l'assenza di un qualsivoglia senso di solidarietà nei confronti della vittima, come pure sarebbe stato lecito attendersi", scrive il gip Lirio Conti nell'ordinanza con cui ha disposto la custodia cautelare in carcere per Di Maria, rappresenta una "condotta inquietante".

"Le controparti contrattuali della persona offesa - si legge nella misura - si sono assunte di essere considerate conniventi, pur di prendere manifestamente le distanze dall'imprenditore, non appena avuta la notizia, peraltro prima ancora che questa divenisse pubblica e senza che ne sia stata accertata la fonte, del fatto che l'architetto aveva denunciato l'estorsione subita". Per il gip la risoluzione del contratto, "sia ove dettato da convinta disapprovazione per la scelta della persona offesa di denunciare i fatti, sia ove indotto dal semplice desiderio di non essere coinvolte in alcun modo, oppure, ancora, ove determinata dal timore di ritorsioni, costituisce in ogni caso lampante riprova della pervasività dell'attività dei sodalizi mafiosi in tutto il tessuto economico del territorio e della conseguente generale turbativa della libera concorrenza".

A dare fiducia all'imprenditore, però, ci ha pensato il proprietario di un altro appartamento, sempre alla Vucciria, che gli ha affidato dei lavori di ristrutturazione. "In questa storia - dice il colonnello Gianluca Angelini - la differenza l'ha fatta il coraggio del giovane imprenditore che non ha commesso l'errore di piegarsi alle richieste estorsive, ma si è rivolto alle istituzioni. La risposta, immediata ed efficace, è la dimostrazione di come sia fondamentale in queste situazioni rompere l'isolamento in cui viene a trovarsi la vittima e affidarsi alla rete della legalità".

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