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Hong Kong, i leader della rivoluzione degli ombrelli: "Senza risposte anche scioperi e occupazioni"

30 settembre 2014 | 08.27
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Ultimatum alle autorità di studenti e sostenitori di Occupy Central che da giorni stanno bloccando le strade per chiedere riforme (Fotogallery/Video). Ma il capo del governo non cede alle richieste e lancia un appello affinché la protesta rientri. Timori per le ripercussioni in Borsa. Bloccato Instagram. Gli Usa: "Siamo con i manifestanti", la Cina: "Non interferite". Artisti in campo per #UmbrellaRevolution

Hong Kong, i leader della rivoluzione degli ombrelli:

Continuano le proteste degli studenti e dei sostenitori di Occupy Central che da giorni stanno bloccando le strade di Hong Kong per chiedere riforme democratiche. I leader del movimento, che ormai è stato ribattezzato "la rivoluzione degli ombrelli", hanno chiesto alle autorità dell'ex colonia britannica e del governo centrale cinese di accogliere le loro richieste entro mercoledì: le dimissioni del capo del governo locale Leung Chun-ying e il ritiro della riforma elettorale annunciata da Pechino.

Altrimenti, affermano i leader del movimento pacifico, inizieranno altre azioni di disobbedienza civile. La polizia intanto ha tenuto un profilo basso durante le manifestazioni che si sono avute durante lunedì notte, dopo che le autorità avevano ordinato il ritiro della polizia anti-sommossa. I dimostranti - che portano tutti un ombrello, per ripararsi dal sole cocente ma anche dal lancio dei lacrimogeni, diventato così il simbolo della protesta - hanno bloccato le principali arterie dalla zona commerciale di Hong Kong dove molti negozi rimangono chiusi.

Alex Chow, segretario generale della federazione degli studenti che stanno animando le proteste, ha chiarito che se Pechino non risponderà alla richieste si potrà arrivare anche a scioperi e occupazioni di edifici governativi. "Abbiamo di fronte tre possibili scelte - ha detto - la prima è allargare la protesta ad altre aree della città, la seconda uno sciopero dei lavoratori e la terza l'occupazione di edifici governativi".

Il leader di Occupy Central Chan Ki-man ha ribadito le richieste, insistendo sulle dimissioni del capo del governo locale di Hong Kong, Leung Chun-ying. "Solo allora potremo eleggere un nuovo governo ed avviare un nuovo processo di riforme politiche", ha aggiunto.

Leung Chun-ying ha lanciato un appello agli organizzatori di Occupy Central perché pongano fine immediatamente alla protesta. Nessuna azione "illegale" - ha affermato - farà cambiare idea alle autorità centrali di Pechino spingendole a modificare le leggi elettorali nel territorio a statuto amministrativo speciale.

"Gli ideatori di Occupy Central hanno ribadito più volte che nel caso in cui il movimento fosse sfuggito di mano lo avrebbero fatto fermare. Vi chiedo ora - ha dichiarato - di mantenere la promessa fatta alla società fermando questa campagna immediatamente".

Il capo del governo di Hong Kong ha detto che non intende cedere alle richieste dei manifestanti che hanno chiesto le sue dimissioni. Leung ha comunque ammesso di aspettarsi che il movimento di Occupy Central possa "durare per un periodo lungo di tempo".

Riguardo all'altra richiesta dei dimostranti, Leung ha detto che si deve ritenere finale la decisione di Pechino sulla legge elettorale con cui nel 2017 si dovrà scegliere il prossimo leader di Hong Kong. La riforma, di cui i manifestanti chiedono il ritiro a favore di una legge elettorale a suffragio universale, prevede la presenza di solo due o tre candidati approvati da una commissione.

Leung non ha dato indicazioni su come intende gestire la situazione, per esempio se verranno avviati dei negoziati con i leader del movimento. I dimostranti, ha detto, "hanno istituito centri di raccolta e anche di primo soccorso, quindi sappiamo che Occupy Central non sarà una questione di giorni, ma durerà un periodo relativamente lungo. Il suo impatto sulla vita delle persone, sulla loro sicurezza in caso di emergenze, sullo sviluppo economico e sull'immagine della città crescerà sempre di più. Spero che si possa riflettere su questo".

Intanto, gli utenti di Instagram hanno denunciato che il servizio di condivisione di fotografie, proprietà di Facebook, è stato bloccato ed è inaccessibile in Cina, dove le autorità hanno messo in atto una serie di misure per imitare l'arrivo e filtrare le notizie sulle proteste a Hong Kong. Greatfire.org, un gruppo che monitora le restrizioni imposte su Internet, ha verificato attraverso una serie di test che il sito web di Instagram è stato bloccato.

Dopo il blocco di Facebook, Instagram era una delle poche app per social media ancora accessibili: We Chat di Tencent Holdings è già rigidamente controllata e restrizioni vengono applicate alle social app di Line Corp. e Kakao Corp. Inaccessibili anche Twitter, Flickr di Yahoo e YouTube. Facebook è al corrente del fatto che il servizio non funziona e sta indagando, ha comunicato con una email da Singapore la portavoce Charlene Chian.

La comunità finanziaria dell'ex colonia britannica si trova ad affrontare un "difficile dilemma": "Cosa è più negativo per il grande business di Hong Kong, le proteste per strada o i lacrimogeni lanciati per disperdere la folla?". Nei mesi scorsi, quando il movimento Occupy Central preparava la mobilitazione per la richiesta di riforme democratiche avviata poi la scorsa settimane con le proteste degli studenti, un gruppo di multinazionali che operano ad Hong Kong hanno pubblicato una lettera in cui si avvisa dei rischi che borsa e banche avrebbe corso se le proteste fossero effettivamente iniziate.

E in effetti, ora che l'occupazione non ufficiale del centro di Hong Kong è iniziata, la borsa è scesa e le banche sono chiuse. Ma, sottolinea un commento di Bloomberg, sarebbe più dannoso alla business community di Hong Kong continuare ad operare "in una città che risponde alle proteste pacifiche con i lacrimogeni" cosa che mostrerebbe anche come il governo locale "manca della competenza per affrontare quello che le altre città del mondo affrontano regolarmente, le proteste pacifiche degli studenti". "Se la business community di Hong Kong vuole preservare quello che è unico della loro città, non può più rimanere in silenzio sul modo in cui il governo locale e cinese ha scelto di gestire il dissenso", ha concluso.

Il premier britannico David Cameron si è detto "profondamente preoccupato" per la situazione ad Hong Kong. Intervistato da SkyNews, Cameron ha detto di "sentire un profondo obbligo" nei confronti degli abitanti della ex colonia britannica, riconsegnata alla Cina nel 1997. "Spero, -ha aggiunto il premier - che la questione possa essere risolta".

La Farnesina segue "con partecipazione quanto sta accadendo a Hong Kong", si legge in una nota, in cui si auspica che "le autorità locali e quelle cinesi, di fronte alle richieste pacifiche di tanti giovani e cittadini, mostrino saggezza e capacità di ascolto".

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