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I 20 minuti fatali a Yara

13 ottobre 2018 | 11.43
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Fotogramma
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"Dobbiamo essere lì per le 8". E' questo l'ultimo sms che Yara Gambirasio invia a un'amica. Sono le 18.44 del 26 novembre 2010. Tutto inizia alle 17.30, la 13enne di Brembate di Sopra (Bergamo) sta andando in palestra, in via Morlotti. Quella è la sua seconda casa, Yara è una promessa della ginnastica artistica. Lì quel giorno resta fino alle 18.30, prima di uscire per tornare nella villetta dove abita che dista 700 metri.

Pochi minuti prima, alle 17.25, Yara aveva ricevuto un sms dalla sua amica Martina 'A che ora ci vediamo giù alla gara domenica?': in quel momento si trova nel cortile della palestra. La risposta a quel messaggio arriva appunto alle 18.44, agganciando però la cella di Mapello, una zona lontana dalla sua abitazione in via Rampinelli. Cinque minuti dopo, alle 18,49, Martina la saluta 'Ok grazie ciao'.

In quei 20 minuti è accaduto qualcosa: è in questo lasso temporale infatti che si sono concentrate le indagini degli investigatori. Bossetti ha ucciso Yara perché respinto dopo un approccio di tipo sessuale e la traccia genetica dell'imputato trovata sul corpo della 13enne è la firma della sua colpevolezza, sono state le motivazioni con cui i giudici d'appello hanno confermato la sentenza all'ergastolo emessa in primo grado. Sentenza confermata anche dalla Cassazione.

Nelle motivazioni, 376 pagine firmate dal presidente della corte Enrico Fischetti, si ripercorreva la vicenda processuale e le lunghe indagini che in quattro anni hanno portato da Ignoto 1 all'imputato. Per i giudici, che escludono a una a una le piste alternative, il movente "può essere circoscritto nell'area delle avances sessuali respinte, della conseguente reazione dell'aggressore a tale rifiuto, unita al sicuro timore dello stesso di essere riconosciuto per aver commesso nei confronti della ragazza qualcosa di grave".

Bossetti, la sera della scomparsa, si aggirava a bordo del suo furgone nelle vicinanze della palestra frequentata da Yara "in attesa di qualcuno", le foto ritrovate nel suo pc mostrano "un interesse insistente e perdurante per le adolescenti", mentre le lettere scritte a una detenuta evidenziano "pulsioni sessuali intense". Contro di lui ci sono indizi "gravi e concordanti", ma soprattutto un Dna che è "la firma dell'omicidio della povera Yara".

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