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I 5 punti caldi del decreto dignità

19 luglio 2018 | 15.05
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Stretta sulle imprese che si spostano all'estero, lotta al precariato e ai licenziamenti selvaggi, salvaguardia dei livelli occupazionali e contrasto della ludopatia. Sono alcuni dei punti chiave del decreto dignità approvato lo scorso 2 luglio e già finito al centro delle polemiche. A mettere in discussione il provvedimento firmato dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio è soprattutto Confindustria, che suggerisce l'eliminazione, o per lo meno la modifica, di alcune misure considerate dannose per imprese e lavoratori. Vediamo, di seguito, quali sono i 5 punti caldi del provvedimento al centro dello scontro.

CONTRATTI A TEMPO - Uno dei punti più controversi del decreto dignità è quello riguardante i contratti a tempo determinato. La durata dei contratti a termine viene ridotta da 36 a 24 mesi, la possibilità di prorogarli diminuisce da 5 a 4 e vengono reintrodotte le causali per giustificare il ricorso ad un contratto a tempo determinato piuttosto che ad uno a tempo indeterminato. Quest'ultimo rappresenta un "punto critico" per Confindustria, secondo cui le causali "non costituiscono un vero meccanismo di tutela, ma un onere e un rischio sia per l'impresa che per il lavoratore".

E ancora, "il fatto che per contratti tra i 12 e i 24 mesi sia richiesto alle imprese di indicare le condizioni del prolungamento, esponendole all'imprevedibilità di un'eventuale contenzioso - si legge nella relazione tecnica sul decreto presentata alla Camera dall'associazione degli industriali - finisce nei fatti per limitare a 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato, generando potenziali effetti negativi sull'occupazione".

DELOCALIZZAZIONI - Altro nodo sul tavolo è la stretta sulle imprese che si spostano all'estero. Il decreto dignità, per ostacolare la delocalizzazione delle imprese che hanno ottenuto dallo Stato aiuti per impiantare, ampliare e sostenere le proprie attività economiche, prevede che "l'impresa beneficiaria" dell'aiuto pubblico decada dal beneficio concesso e sia sottoposta a sanzioni pecuniarie "di importo da 2 a 4 volte quello del beneficio fruito".

Una misura, però, fortemente contestata da Confindustria. "Il decreto dignità di fatto non distingue la delocalizzazione buona" da quella selvaggia "che va contrastata", ha sostenuto il direttore generale Marcella Panucci, per la quale le misure contenute nel decreto "renderanno più incerto e più imprevedibile il quadro di regole in cui operano le imprese, disincentivando gli investimenti e limitando la crescita".

INDENNIZZO PER LICENZIAMENTI - Altro nodo del decreto dignità è il maxi indennizzo previsto per i licenziamenti selvaggi, ossia l'aumento del 50% dell'indennizzo per i lavoratori ingiustamente licenziati. In caso di licenziamento senza giusta causa - prevede ancora il testo di legge - l'indennizzo per il lavoratore può arrivare fino a 36 mensilità.

Tali novità, secondo l'associazione degli industriali, "rendono più difficile l'applicazione di contratti a termine e scoraggiano quelli a tempo indeterminato". Sarebbe opportuno, al contrario, "evitare brusche retromarce" sulle riforme già avviate mentre serve che il quadro delle norme sia assicurato da "stabilità e certezza".

VOUCHER - Tra i temi caldi c'è poi quello dei voucher, i buoni lavoro impiegati per remunerare i lavori occasionali aboliti dal governo Gentiloni per disinnescare il referendum della Cgil. Sebbene non siano contenuti nel decreto dignità, Di Maio ha aperto alla loro reintroduzione - solo in alcuni settori e fissando dei paletti - dando così inizio a un acceso dibattito tra associazioni di categoria e sindacati.

Se da un lato la Coldiretti spinge per il ritorno dei voucher in agricoltura, al fine di assicurare "uno strumento che semplifichi la burocrazia" e "capace di garantire forme di integrazione del reddito alle categorie più deboli", dall'altro la Uil ne scongiura la reintroduzione "in quei settori dove esistono già tipologie contrattuali che riescono a conciliare la richiesta di eccezionalità e temporaneità della prestazione con la piena tutela delle lavoratrici e dei lavoratori".

STOP SPOT SUI GIOCHI - Un altro punto del decreto dignità finito nel mirino degli industriali è lo stop agli spot sul gioco d'azzardo. Il contrasto alla ludopatia è condivisibile "ma il divieto assoluto della pubblicità ci sembra eccessivo", spiega il direttore Panucci. Il decreto dignità prevede infatti lo stop a "qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro" con l'esclusione di lotterie nazionali con estrazione dei vincitori differita.

In particolare, il divieto comprende la pubblicità di giochi e scommesse "comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni ed internet". Secondo Panucci quelle prese di mira dal documento "sono attività lecite che se troppo vincolate rischiano di dare spazio a quelle illecite". "Si potrebbero immaginare meccanismi differenti, chiarendo meglio gli spot", suggerisce il direttore di Confindustria, sostenendo che "la pubblicità ha un valore informativo".

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