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Def: Ichino, deficit al 2,4% non fattibile ma annuncio costa carissimo

28 settembre 2018 | 17.48
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Il giuslavorista Pietro Ichino
Il giuslavorista Pietro Ichino

"Il solo annuncio nella nota di aggiornamento al Def di un deficit al 2,4 per cento, triplo rispetto a quello previsto per il 2019 nel Def del 2017, costerà subito molto caro agli italiani, in conseguenza dell’aumento dello spread e del prevedibile aumento conseguente degli interessi sui mutui. I primi a pagare saranno le imprese e i privati meno abbienti, che al prestito devono ricorrere per l’acquisto della casa o di altri beni. Poi a pagare sarà lo Stato, che solo per effetto di questo annuncio inconsulto spenderà qualche miliardo in più di interessi sul debito". Così, con Labitalia, il giuslavorista Pietro Ichino, commenta, la nota di aggiornamento del Def del governo.

"Il Governo parla molto di 'lotta agli sprechi'; ma quale spreco di denaro pubblico -continua- è più stupido di questo, generato soltanto dall’annuncio di misure di politica economica che si riveleranno subito non praticabili?".

"Una legge finanziaria che porti il deficit al 2,4 per cento -spiega ancora Ichino- non rientra nelle cose concretamente fattibili innanzitutto perché essa porterebbe a un aumento dell’indebitamento strutturale, in contrasto insanabile con l’articolo 81 della Costituzione. In secondo luogo perché essa violerebbe gli impegni assunti dall’Italia nei confronti dell'Ue, generando uno scontro frontale con la Commissione Europea. Per entrambi questi motivi il Capo dello Stato non potrebbe promulgarla".

"I due vicepremier -conclude Ichino- giustificano questo annuncio folle sostenendo che si tratterebbe di un aumento di spesa pubblica capace di stimolare una crescita economica robusta; ma non dicono che il deficit verrebbe triplicato rispetto a quanto previsto l’anno scorso in funzione di un aumento non degli investimenti pubblici, bensì esclusivamente della spesa corrente: tale è infatti la maggiore spesa per reddito di cittadinanza e pensioni. E la spesa corrente non genera crescita".

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