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Ict: Ey, Italia in ritardo sulla trasformazione digitale

06 dicembre 2017 | 18.20
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(AFP PHOTO)  - AFP
(AFP PHOTO) - AFP

L'Italia è in ritardo sulla trasformazione digitale e rischia di coglierne solamente i lati negativi, lasciandosi scappare opportunità e vantaggi. A disegnare un paese pronto a essere sganciato dal treno ad alta velocità del digitale è Donato Iacovone, ceo di EY Italia. Il prezzo? Imprese fuori dal mercato e giovani incapaci di leggere il nuovo mondo del lavoro.

''Il primo impatto della digital transformation -dice all'Adnkronos- è il taglio di alcune attività professionali, in particolare quelle ripetitive che oggi possono essere fatte dai software, che noi chiamiamo robotics. Succederà per i manager, per i dirigenti, per tante altre attività. Questa è la croce inevitabile di ogni processo di innovazione che abbiamo avuto nella storia''. Secondo Iacovone però sarà anche in grado di generare ''nuove opportunità di servizi alle persone, di esperienze che i consumatori cercano, di fabbriche sempre più intelligenti e produttive, che recuperano quindi produttività, lo è per la vita sociale, la mobilità, la fruizione dei servizi all’interno delle città, ovvero smart city''.

Il problema è capire se un sistema paese è in grado di reggere il cambiamento riuscendo a trovare le ricette giuste per compensare la perdita di posti di lavoro con la creazione di nuovi.''Le opportunità -spiega- ci saranno solo per alcune attività professionali, quelle nuove, per le quali occorrono nuove competenze''. E quello che emerge da un osservatorio di E&Y su circa 5mila aziende è che ''oggi queste competenze non ci sono. Mentre il focus fino a qualche anno fa era verso le tecnologie, oggi il focus è il fatto che quelle tecnologie sono ormai disponibili per tutti, in tutto il mondo e allo stesso costo, quello che manca è la capacità di conoscere quelle tecnologie, utilizzare quelle tecnologie per fare business, per creare valore per le imprese, per i consumatori, per i clienti, per i cittadini e per tutta la comunità''.

Il bilancio negativo è che ''sono in ritardo le scuole in tutto il mondo ed in particolare in questo paese, sono anche in ritardo ovviamente i sistemi di formazione nelle nostre imprese. Lo dico perché siamo in ritardo anche noi''. E secondo il manager c'e' il ''grande dovere di cominciare con le scuole secondarie a spiegare quali saranno le professioni e invogliare i ragazzi a fare anche i lavori di tipo Stem cioò quelli legati alle facoltà scientifiche che sono quelli che serviranno in futuro, cercando anche di non perdere mai l’orizzonte sul fatto che proprio mentre la tecnologia avanza, mentre anche la comunicazione è sempre più supportata dalla tecnologia, sempre di più la relazione col cliente, con le persone, le relazioni in generale prendono un grande sopravvento nel momento emozionale, nel momento in cui si cerca di catturare l’emozione di una persona. Anche questo è parte delle nuove professioni di cui il mondo è alla ricerca e di cui noi abbiamo bisogno''.

Una situazione complessa dove le imprese non sempre sembrano aver chiaro il problema: ''Quelle che noi chiamiamo medie e grandi imprese in parte hanno già compreso e stanno viaggiando molto velocemente, le aziende piccole diciamo sotto i 50 milioni di fatturato, hanno un ritardo e lì si deve insistere, con associazioni di categoria, con l’intervento dello Stato, cercando di spingere queste aziende a cambiare perché se non cambieranno in fretta c’è il rischio di uscire dal mercato''.

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