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Il cacao sostenibile della Bolivia

04 aprile 2018 | 13.27
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(Xinhua)
(Xinhua)

Un modello di business basato sui principi della cooperazione, dell'agroecologia e della responsabilità verso le comunità locali. Nasce così il cacao di El Ceibo, cooperativa boliviana che conta 48 organizzazioni e 1300 produttori.

A nord di La Paz, la capitale, in una regione chiamata Alto Beni dove le Ande lasciano il passo alla foresta amazzonica, la Fao lavora con una comunità indigena che coltiva una varietà di cacao conosciuta in tutto il mondo e rinomata per le sue qualità nutrizionali: il cacao 'criollo'. Senza possibilità di accedere direttamente al mercato di La Paz, e per evitare costosi intermediari, i produttori locali si sono organizzati in piccole cooperative, che nel 1977 hanno dato vita a El Ceibo. E, dal 2015, la Fao sostiene El Ceibo fornendo sostegno tecnico, facilitando l'accesso a nuovi mercati e sponsorizzando accordi con il governo boliviano per proteggere gli interessi dei piccoli produttori di cacao.

Mario Choqe, membro della cooperativa, racconta: "Produciamo soprattutto cacao. Tuttavia, mentre il cacao matura, coltiviamo anche altri prodotti per un consumo più immediato". I produttori di El Ceibo coltivano appezzamenti di 3-4 ettari a cacao mentre il resto è coltivato a riso, yucca, banani, agrumi, caffè e altri prodotti locali utilizzando tecniche proprie dell'agroecologia. Prodotti che poi vendono al mercato locale. "Produciamo anche mais e farina - dice Choqe - e abbiamo frutta, con la quale facciamo marmellate da vendere al mercato. Diversifichiamo le nostre colture, perché quando la produzione di cacao cala, viviamo del cibo che produciamo e di quanto riusciamo a vendere".

Il cacao, infatti, è molto fragile. Shock climatici come siccità, inondazioni, forte umidità e infestazioni come il temutissimo fungo monilia stanno mettendo a dura prova la sua produzione, oltre a minacciare i mezzi di sostentamento delle comunità dell'Alto Beni. Per fronteggiare queste sfide, El Ceibo investe parte dei propri profitti in un programma tecnico alla costante ricerca di soluzioni sostenibili e rispettose dell'ambiente chiamato 'Programma di Implementazione Agroecologica e Forestale' (Piaf).

"Il Piaf ci è di grande aiuto - racconta Choqe - Ci danno formazione e ci hanno mostrato come gestire un vivaio, come accudirlo e come gestirlo dal punto di vista fitosanitario. Applichiamo i loro insegnamenti e i risultati si vedono".

Una volta raccolto, il cacao viene trasportato attraverso le Ande, lungo una delle strade più pericolose della Bolivia, fino alla fabbrica di El Ceibo a El Alto. Qui viene trasformata in polvere, burro di cacao e cioccolato. Lo stabilimento rappresenta uno dei pochi esempi nei quali l'intera catena di produzione è controllata dalla stessa cooperativa. Da qui, il cioccolato viene spedito anche in Italia dove, grazie ad un accordo tra Fao, Altromercato e Autogrill, raggiunge bistrot selezionati a Milano, Venezia e Roma, tra gli altri.

In Bolivia la Fao e la sua Forest and Farm Facility (che fornisce assistenza alle organizzazioni di produttori forestali e agricoli per migliorare le loro conoscenze tecniche e commerciali) lavorano con El Ceibo per fornire sostegno finanziario e tecnico alla Confederazione Boliviana di Produttori e Raccoglitori di Cacao Ecologico (Copracao), un'organizzazione che raggruppa cinque federazioni dipartimentali e che rappresenta 5600 produttori e raccoglitori di cacao, il 40% dei quali donne.

Attraverso la collaborazione con El Ceibo e Copracao, la Fao ha contribuito alla creazione dello status legale di tutte le associazioni boliviane del cacao, organizzando riunioni regionali e nazionali dove gli statuti e i regolamenti Copracao possono essere discussi con le associazioni di base. La Fao collabora inoltre con il governo boliviano e con i rappresentanti dei produttori di cacao del Paese per definire un Piano Nazionale per il cacao che punta a rafforzare il sistema di produzione tenendo presente le specificità locali.

Infine nel 2017, la Fao, insieme all'Università Roma Tre, ha contribuito a documentare le buone pratiche di El Ceibo in materia di organizzazione, sostenibilità economica e finanziaria e il suo ruolo nella creazione del Copracao.

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