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Immigrati: direttore Sco Polizia, così catturiamo gli scafisti

23 aprile 2015 | 18.23
LETTURA: 5 minuti

Renato Cortese: 'Ermias', presunto capo della rete scoperta nei giorni scorsi "è in Libia ma è difficile ottenere collaborazione in quel Paese. Organizzazione attiva dal 2013, ha gestito migliaia di migranti. Ad oggi, nessun legame con mafie locali. Sicilia e Puglia regioni più coinvolte, ma diversi contatti anche al Nord"

 - (Adnkronos)
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Catturare gli scafisti per spezzare la catena di morti che lega le due sponde del Mediterraneo, identificando chi lucra sulla disperazione di chi scappa da guerra e miseria: a cominciare da Ermias Ghermay, considerato il capo della rete di trafficanti responsabile di molte delle vittime del nuovo schiavismo, tutt'ora a piede libero, con ogni probabilità in Libia. "Siamo di fronte ad una organizzazione ben strutturata, con possibilità di intervento anche in altri Paesi, non solo in Italia, con una disponibilità economica sicuramente importante e una certa dimestichezza nel gestire flussi finanziari anche all'estero". A parlare all'Adnkronos è Renato Cortese, Direttore dello Sco, Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, che ricostruisce l'attività di indagine che ha portato allo smantellamento della rete di trafficanti che operava da diversi anni tra Nord Africa e Italia.

Le indagini, coordinate dalla procura di Palermo, hanno portato a 24 fermi e all'arresto dell'eritreo Asghedom Ghermay, considerato il braccio dell'organizzazione in Italia. La rete, spiega Cortese, era attiva almeno dal 2013, ma "i fatti accertati fino ad ora non hanno evidenziato legami con la criminalità organizzata italiana. Certo, non si può escludere che ci siano, ma se dobbiamo attenerci a quanto emerso, non ci sono prove di collegamenti evidenti con Cosa nostra o con le altre mafie locali".

I componenti della rete di trafficanti, continua il capo dello Sco, "sono tutti extracomunitari. L'organizzazione è ben collegata al suo interno, i suoi membri presenti in Italia hanno una certa dimestichezza nel muoversi e anche in altro tipo di attività criminale". In ogni caso, spiega, "le attività investigative proseguono ed uno dei filoni di indagine su cui puntare è sicuramente la verifica su un eventuale coinvolgimento di soggetti italiani, o di esponenti di organizzazioni mafiose".

'Sicilia e Puglia regioni più coinvolte da traffico migranti, diversi contatti anche al Nord'

"Difficile parlare di numeri attendibili per quanto riguarda i flussi gestiti dalla rete criminale -spiega Cortese, già capo della Mobile di Roma e della sezione catturandi di Palermo, con la quale, nel 2006 mise fine alla latitanza di Bernardo Provenzano, grazie al blitz nel casolare di 'Montagna dei cavalli' nei pressi di Corleone dove il capo di Cosa nostra si nascondeva- Di certo parliamo di migliaia di persone arrivate sulle nostre coste dal 2013 grazie a questa organizzazione".

"Bisogna tenere ben presente, però -prosegue il direttore dello Sco- che ogni indagine riesce a fotografare solo una parte della realtà. Difficile, quindi, dire tutto quello che questa organizzazione ha fatto negli ultimi anni". La rete smantellata era in grado di spostare centinaia di persone da una parte all'altra del Paese, ma "Sicilia e Puglia sono le regioni maggiormente coinvolte da questo tipo di traffici, anche se si contano diversi terminali della rete anche in Nord Italia, visto che i flussi migratori sono spesso diretti verso i paesi del Nord Europa".

"Alcuni uomini dell'organizzazione - spiega Cortese- vengono mandati in Italia appositamente, per gestire i terminali dell'organizzazione, ma molti altri sono reclutati qui, tra coloro che negli anni hanno avuto modo di conoscere il territorio". Disarticolare la rete di trafficanti, continua, ha richiesto un'attività di indagine lunga e impegnativa: "Il punto di partenza è sicuramente parlare con le persone che arrivano sulle nostre coste ed è una cosa che i nostri investigatori fanno quotidianamente, con il supporto fondamentale delle squadre mobili sul territorio. Il passaggio fondamentale è lo sviluppo di queste testimonianze".

'Capo dell' organizzazione è in Libia, difficile ottenere collaborazione per cattura'

"Va detto -sottolinea Cortese- che la maggior parte dei migranti è molto collaborativa. Bisogna capire cosa provano queste persone quando, arrivando in Italia si rendono conto dell'inganno del quale sono stati vittime, dell'illusione frustrata di una speranza di vita migliore: lo stato d'animo è quello di raccontare tutto, chi ha speculato su di loro, quanto gli hanno chiesto, chi era lo scafista, chi sono le persone con le quali sono entrate in contatto e che gli hanno promesso anche una destinazione successiva all'approdo sulle nostre coste. Alcuni sono stati così collaborativi da fornirci un identikit con il quale siamo stati in grado di identificare alcuni dei membri dell'organizzazione".

Va comunque detto, continua, che quello dello scafista è un ruolo marginale dell'organizzazione: "non ha funzione di organizzatore, è semplicemente quello che guida la barca". Importantissimo, comunque, individuarlo, visto che, tra l'altro, ci guadagna: "difficile dire quanto con esattezza, ma comunque c'è un interesse economico".

I vertici della rete, rimangono comunque al di fuori della portata delle autorità italiane. Quanto al presunto capo della rete di trafficanti, identificato grazie a testimonianze e intercettazioni come Ermias, "abbiamo notizia che sia in Libia, Paese nel quale al momento non è facile ottenere una grande collaborazione" dalle autorità locali. Difficile capire le origini di questa rete: non è ancora chiaro, infatti, "se tragga spunto da una organizzazione precedente che si è poi rimodulata, sfruttando le esigenze del momento, assecondando il flusso migratorio o se invece si tratti di una struttura autonoma, affinatasi un po' alla volta negli ultimi anni".

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