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Il futuro di Gilead, farmaci per fegato grasso e terapie cellulari anticancro

31 gennaio 2018 | 18.22
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science laboratory test tubes - kwanchaift - Fotolia
science laboratory test tubes - kwanchaift - Fotolia

Dopo l'epatite C, l'attacco al 'fegato grasso'. E poi la corsa alle terapie cellulari anticancro accelerata dall'acquisizione di Kite Pharma. Sono alcune delle sfide su cui Gilead Sciences sta puntando risorse ed energie. A tracciare un quadro è Valentino Confalone, General manager di Gilead Italia, che fa il punto sul futuro, partendo dal 'momento d'oro' delle super cure anti-epatite C: "C'è stata una vera e propria rivoluzione, lo sappiamo tutti. Si è parlato tanto di aspetti relativi ai costi - spiega all'AdnKronos Salute - ma non dimentichiamoci che, risolti in maniera concorde col ministero e con l'Aifa, adesso ci siamo concentrati sulla cosa più importante: andare verso l'eliminazione dell'epatite C. E' un obiettivo possibile, nei tempi previsti" dalle autorità sanitarie, "a condizione di lavorare in maniera coordinata anche con tutti gli attori che sono coinvolti, dai medici specialisti e di base all'Aifa stessa e all'industria".

"Come azienda - aggiunge - abbiamo continuato a fare sforzi investendo in nuove molecole che consentissero di trattare quei pazienti che non hanno eventualmente risposto anche ai trattamenti più moderni oggi disponibili". Da sofosbuvir, capostipite dei super antivirali ad azione diretta, alla famiglia 'sof-based'. In questo momento, sottolinea il manager, "stiamo discutendo con Aifa e speriamo a breve di poter rendere disponibile per i pazienti italiani un farmaco che consente proprio questo: di trattare quei pazienti, ormai pochi, che non hanno risposto agli ultimi trattamenti di nuova generazione".

L'impegno di Gilead sull'epatite e nell'area del fegato segue anche altre vie: "Stiamo investendo in maniera importante sulla ricerca per la Nash, la steatoepatite non alcolica. E' una sindrome non molto conosciuta in Italia, ma che in realtà è piuttosto diffusa nei Paesi occidentali. E' legata all'obesità, a stili di vita non sempre salutari, porta all'accumulo di grasso nel fegato e a una sua infiammazione, che può portare a un danno cellulare e potenzialmente alla cirrosi epatica".

Contro questa patologia, osserva Confalone, "è importantissima la prevenzione, ma per i pazienti che avanzano verso stadi più gravi stiamo studiando dei potenziali trattamenti che speriamo consentano di curarli. Questa è l'area di investimento più importante nell'ambito delle epatiti per Gilead. I farmaci più avanzati sono in fase clinica II e stanno entrando in fase III: come tempi attesi di autorizzazione da parte dell'Ema siamo intorno al 2020, e nei prossimi 3-4 anni".

La strategia della multinazionale americana - fondata nel 1987 dal medico Michael L. Riordan, che all'epoca aveva 29 anni - per Confalone si riassume in due parole: "Innovazione trasformativa, che vuol dire innovazione che cambi davvero potenzialmente il corso naturale di una malattia, incidendo sulla vita dei pazienti in modo radicale e non marginale".

Una linea, sostiene il manager, seguita "da noi storicamente nella virologia, per esempio nell'Hiv con l'introduzione dei 'single tablet regimen', dei regimi a un'unica pillola per pazienti che sono diventati cronici e adesso hanno una vita quasi normale, paragonabile come durata a quella di una persona sana. La qualità della vita diventa dunque importante, poter prendere un'unica compressa al giorno e dimenticarsi in questo modo della malattia, dimenticarsi di essere un paziente e sentirsi semplicemente una persona. E' stato un cambiamento radicale, come lo è stato parlare di cure per l'epatite, quando fino a qualche anno fa era difficile eradicare il virus".

E poi c'è l'oncologia: "A parte la Nash, è oggi l'area in cui stiamo sperimentando e investendo in maniera importante - evidenzia Confalone - L'oncologia è fondamentale. Con l'acquisizione di Kite, Gilead è entrata nell'area delle 'cell-therapy', delle terapie cellulari, che di nuovo possono dare una speranza di una cura per patologie come il linfoma non-Hodgkin. I pazienti colpiti oggi hanno veramente un bisogno insoddisfatto e quindi anche qui parliamo di nuovo di una trasformazione radicale. Questa è l'area forse più importante nella quale Gilead conta di creare ulteriori innovazioni trasformative". Ci sono poi anche altri filoni: "Immuno-oncologia, terapie geniche, e poi l'area dell'infiammazione, nella quale si sta investendo in maniera consistente dal punto di vista degli studi clinici".

Oggi Gilead Sciences è un colosso da 9.800 dipendenti nel 2017 (200 in Italia), presente in 40 Paesi e attivo sul fronte dell'Hiv/Aids, dell'Hcv, delle malattie respiratorie e infiammatorie, dell'ematologia e dell'oncologia. In generale, "le grandi aree terapeutiche su cui stiamo sperimentando sono tutte destinate a continuare", rassicura il manager, in un periodo in cui nell'universo Big Pharma si sono susseguiti alcuni annunci di abbandono di programmi di ricerca.

"Nella sperimentazione di Gilead - dice Confalone - ci sono stati alcuni 'setback' su alcune molecole individuali", ma non si profila nessun addio a un'area nel suo complesso. L'investimento in Ricerca & Sviluppo "lo scorso anno è stato di oltre 5 miliardi di dollari", contro i 3 miliardi del 2015 (+59%). "Sono cifre importanti - conclude il manager - destinate a crescere ulteriormente nel corso dei prossimi anni".

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