"Quello che il ministro Poletti ha detto non è una rivoluzione, ma un ragionamento coerente con la scomparsa dei cocopro, la valorizzazione del lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche etero-organizzato e l'affermazione di un modello imprenditoriale in cui la collaborazione tra capitale e lavoro garantisca la coesistenza tra solidi statuti protetti ed incisive competitività sul mercato internazionale". Lo afferma in un'intervista a Labitalia il giuslavorista Roberto Pessi.
"Penso che la provocazione di Poletti -sostiene- volesse dire: 'non accantoniamo l'orario di lavoro per tutti, ma in specifiche realtà produttive valorizziamo la flessibilità oraria e premiamo i risultati conseguiti'".
"Il ministro -chiarisce Pessi- ha descritto al complessità del sistema produttivo e ha sottolineato che in alcuni contesti produttivi è più proficuo immaginare al risultato che alla stretta osservanza dell'orario".
"Poletti ha ricordato -fa notare- che il modello fordista sussiste in alcune realtà produttive ed è connotato da parcellizzazioni delle mansioni, quindi, coerente con il controllo dei tempi tramite l'orario di lavoro, la sua scansione e (storicamente con l'utilizzo del cottimo) con altri contesti produttivi".
"Dove c'è il riaccorpamento delle mansioni -argomenta Pessi- quindi professionalità a 360 gradi ciò che rileva è la collaborazione del lavoratore (prevista dall'articolo 2094 del codice civile, ma 'normalizzata' proprio tramite l'orario di lavoro) e questo vuole dire che a un lavoratore molto professionalizzato bisogna garantire un adeguato salario adeguato al risultato prodotto".
"Capisco che -sottolinea- questo vuole dire ripensare al diritto del lavoro nato con la rivoluzione industriale, ma questa è la sfida del nuovo millennio".