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Ucraina: il racconto del soldato russo ferito a Debaltseve, sapevamo tutto

03 marzo 2015 | 18.42
LETTURA: 4 minuti

Novaya Gazeta pubblica la storia di un carrista ferito a Debaltseve: "Tre mesi di addestramento poi il viaggio verso la frontiera ucraina. Una notte poi ci hanno detto salite sui carri e partite, e abbiamo passato la linea"

(Infophoto)
(Infophoto)

E' stato inviato in Ucraina a combattere ed è rimasto gravemente ferito a Debaltseve, all'ingresso della sacca in cui sono stati intrappolati per giorni i militari ucraini. Novaya Gazeta pubblica la storia di Dorzhi Batomunkuev, 20 anni, assegnato alla quinta brigata di carristi, inizio del servizio militare nel 2013, confermato l'anno successivo, a giugno, con un contratto di tre anni, ora ricoverato all'ospedale di Donetsk. I separatisti che sono riusciti a chiudere l'assedio a Debaltseve facevano parte di una unità speciale al 90 per cento 'volontari' russi. E lui con loro, sul suo T72B, ha preso parte a Logvinovo, fra Debaltseve e Artemyvsk, a una battaglia di carri armati in cui è rimasto ustionato.

"Sono venuto qui come volontario. Qui, inviano solo soldati volontari...", spiega assicurando che "nessuno ha costretto nessuno". "Ci hanno detto che saremmo partiti per delle manovre, ma noi sapevamo dove stavamo andando davvero. Tutti noi lo sapevano. Io ero pronto moralmente, mentalmente, ad andare in Ucraina...abbiamo dipinto i nostri carri armati, coperto i numeri...ci siamo levati le mostrine, ci siamo tolti tutto...".

"C'erano molti treni che passavano da Ulan Ude (dove è basata la sua compagnia nell'estremo oriente russo ndr). Tutti passavano alcune notti alla nostra base. Prima di noi, c'erano forze speciali in arrivo da Khabarovsk e da altre città, tutti dall'estremo oriente. Uno dopo l'altro, ogni giorno. Il nostro treno è stato il quinto a partire, il 25 o il 27 di ottobre". Il punto di arrivo era a Matveev Kurgan (a poca distanza dalla frontiera, ndr). Ci sono voluti dieci giorni per arrivarci. In quei giorni giravano molte voci. Dopo tre mesi di addestramento, al confine con l'Ucraina, ci hanno detto che saremmo tornati a Rostov e quindi a Ulan Ude.

Invece, "poi è arrivato il segnale e siamo entrati in Ucraina", spiega, era l'8 febbraio. Il nostro capitano è arrivato e ci ha detto "è finita ragazzi, andiamo, siamo in alto stato di allerta". Il che significa entrare nel carro armato e accendere il motore, con tutto quello che hai, "e noi siamo abituati a farlo in fretta". "Appena abbiamo lasciato il campo ci hanno detto, 'telefoni, documenti, consegnate tutto"'. Prima di passare il confine ci siamo fermati in un bosco. Di nuovo il segnale: "iniziate a marciare". Abbiamo capito tutto, non c'era bisogno di spiegare. "Tutti sapevano che stavamo attraversando il confine. Cosa avremmo fatto? Non potevamo fermarci, no?. Abbiamo ricevuto l'ordine. Sapevamo tutti cosa dovevamo fare e cosa poteva succedere. Eppure avevamo paura lo stesso". "Abbiamo scoperto di essere a Donetsk quando abbiamo letto il cartello con su scritto Donetsk, all'ingresso della città". Nel dormitorio a cui ci hanno destinato abbiamo ascoltato radio Soutnik, qualcuno aveva comunque portato un telefono, e tutti in quella trasmissione negavano che vi fossero soldati russi in Ucraina....". "Capivamo che questa guerra dipendeva da noi. Questa è la ragione per cui i tre mesi di manovra sono stati coì' duri. Ci hanno preparato bene, anche i cecchini e tutte le altre unità".

"Non combattevamo insieme alle milizie", ricorda anche sottolineando che le forze separatiste rimanevano in seconda posizione. "Non sono orgoglioso di quello che ho fatto...di aver distrutto, ucciso persone. Non si può esere orgogliosi di cose così. Ma mi conforta pensare che tutto questo è stato fatto per la pace, per i civili, i bambini, gli anziani, le donne, gli uomini...non avevamo contatti con i civili", aggiunge, ricordando il suo incontro, invece, con il cantante Kobzon, 'che mi ha riconosciuto come buriata".

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