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Il missionario italiano: "Per cambiare Hong Kong deve cambiare la Cina"

03 settembre 2019 | 14.35
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'Il suo destino oramai non può essere più separato da quello da Pechino'

(Fotogramma)
(Fotogramma)

di Enzo Bonaiuto

"Se si vuole cambiare Hong Kong, se si vogliono più democrazia e più garanzie di autonomia reale, è chiaro che bisogna cambiare la situazione in Cina: i due discorsi non possono essere divisi, così come non si può oramai dividere Hong Kong dalla Cina". E' quanto sottolinea all'AdnKronos padre Franco Mella, missionario milanese del Pime, il Pontificio Istituto per le missioni estere, fino al 15 luglio presente nella città asiatica dove tornerà il 15 ottobre, al termine dei tradizionali tre mesi di pausa per i missionari, che sta trascorrendo in Lombardia. "Non può bastare pensare soltanto a Hong Kong, così come sarebbe sbagliato - avverte - rifugiarsi nella nostalgia del colonialismo inglese, che ha fatto i suoi danni e avuto le sue colpe. Bisogna avere la pazienza di capire che si tratta di una missione a lungo termine".

Spiega il missionario italiano: "In pratica, questa rivolta è la continuazione della 'rivoluzione degli ombrelli' del 2014 ma con nuove forme di contestazione: sia da parte di chi vuole un'azione attiva ma non violenta, sia da parte di chi propugna il ricorso alla violenza e allo scontro con la polizia, per cambiare la legge sulla estradizione - ricorda Mella - E' stata una vera sorpresa vedere un così grande numero di giovani e giovanissimi, calcolati in un milione dagli organizzatori, scendere in piazza a manifestare il 9 giugno, dopo che il movimento degli ombrelli sembrava avere esaurito la sua spinta per l'arresto di tanti suoi aderenti, i processi e le condanne in carcere".

Ma, continua il missionario, "le autorità locali, anziché comprendere i motivi della protesta, hanno insistito per l'approvazione della legge sulla estradizione, che riguarda sia la Cina che Taiwan, reprimendo con lancio di lacrimogeni e arresti in massa la protesta montata il 16 giugno con oltre due milioni e mezzo di persone scese in piazza, su sette milioni e mezzo di abitanti, praticamente uno su tre... Da lì è partito tutto questo nuovo movimento, arrivato persino a occupare a inizio luglio il Parlamento di Hong Kong, scatenando scontri violenti con le forze dell'ordine e subendo una forte repressione".

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