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Il prete delle favelas: “La Coppa del Mondo? I poveri non la vedranno mai”

19 giugno 2014 | 15.18
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(Infophoto)
(Infophoto)

Stadi faraonici off limits per i poveri che vivono nella favelas brasiliane. Padre Renato Chiera, sacerdote di origini italiane vive da 36 anni a Rio de Janeiro dove ha fondato la ‘Casa do Menor’ che si occupa dei bambini di strada, racconta all’Adnkronos come si stanno vivendo nei quartieri più poveri e pericolosi i Mondiali di calcio, senza nascondere la “grande inquietudine” che si respira tra la gente. “Il calcio per i brasiliani rappresentava una vera e propria dimensione culturale. Non è più così, visto che il pallone è diventato un business. Sono stati costruiti stadi faronici, investiti miliardi e i poveri delle favelas nemmeno riusciranno a vedere la Coppa del mondo allo stadio”.

Padre Chiera racconta le contraddizioni che sta vivendo il Paese: “Da una parte sono stati investiti miliardi per costruire gli stadi per i Mondiali. Non molto lontano le ‘cracolandie’, realtà da pugno nello stomaco nelle quali il narcotraffico miete migliaia di vittime tra bambini e adolescenti”. In questo contesto, racconta il sacerdote che ogni giorno mette a rischio anche la propria vita, “è montata la rabbia del popolo che ha bisogni fondamentali e, accanto agli stadi modello Fifa come sono stati ribattezzati, chiede ospedali, scuole, case modello Fifa. Sono in particolare i giovani che hanno una istruzione che, avendo una coscienza maggiore, si esprimono con la protesta. Il governo vuole reprimerli perché un atto di protesta, in questo tempo, viene visto quasi come un atto di terrorismo”.

Il prete delle favelas pensa ad esempio a Fortaleza dove l’altro ieri ha giocato il Brasile: “E’ tra le città più violente del mondo. E attorno allo stadio la polizia è in assetto di guerra, e i poveri non possono avere accesso”. Amara la riflessione di padre Chiera: “c’è la sensazione che il Paese non avrà un grande utile dai Mondiali. Il Brasile, con tutta franchezza non sta giocando molto bene, e la sensazione è che se non vincerà la Coppa gli animi si esacerberanno ancora di più con tutto ciò che può conseguire dalla protesta. Da una parte la speranza del Brasile, dall’altra il malcontento, il sogno che va a cozzare contro la delusione. La situazione è esplosiva”, avverte padre Chiera che per sensibilizzare e avviare una riflessione su queste realtà ha pubblicato per le edizioni Paoline ‘Dall’inferno un grido per amore’.

“Sta succedendo qualcosa che riguarda tutti, nessuno escluso, e che dobbiamo vedere”, conclude il sacerdote che nella Baixada Fluminense ha iniziato ospitando i bambini di strada in casa sua, fondando poi la ‘Casa do Menor’ che oggi accoglie circa 1200 bambini, ventidue comunità, tre asili, otto scuole, sedici officine professionali, otto case famiglia, tre mini ambulatori e sei case di passaggio.

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