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Francia: Hubert, 'progetto restauro Notre Dame non prima di metà 2020'

21 ottobre 2019 | 20.41
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Francia: Hubert, 'progetto restauro Notre Dame non prima di metà 2020'

di Pippo Orlando

"Il progetto per il restauro della Cattedrale di Notre Dame non sarà pronto prima della metà del 2020". Lo ha detto all'Adnkronos Charlotte Hubert, presidente della compagnia dei Capo architetti dei monumenti storici di Francia e componente del team della ricostruzione della cattedrale parigina. La Hubert, che ha fatto parte del team di prime contractor per il restauro durante i primi 4 mesi dopo l'incendio ed è stata la portavoce dei lavori, spiega che "attualmente si stanno affrontando i problemi della messa in sicurezza del cantiere che prevedono la bonifica dal piombo e il rinforzo statico delle strutture".

Quanto alla ricostruzione in cinque anni, promessa dal presidente francese Emmanuel Macron, la Hubert spiega: "Cinque anni per fare cosa? Quando c'è stato l'incendio era già allestito un cantiere di restauro che sarebbe dovuto durare 15 anni. Adesso si sono aggiunti nuovi danni. E' chiaro che una cattedrale che viene visitata da 14 milioni di persone all'anno non può stare chiusa più di cinque anni, ma il cantiere di restauro durerà molto di più".

"Sono andata nella cattedrale la notte dell'incendio - racconta la Hubert - e sono rimasta lì per tutto il periodo di crisi. I problemi si sono rivelati vari e complessi, a partire dalla messa in sicurezza del cantiere che richiede parecchio tempo, anche per l'ampiezza del luogo. Ma c'è anche il problema del progetto di restauro - spiega il capo degli architetti - che deve tenere conto della legge di Notre-Dame promulgata ad hoc. L'incendio della cattedrale è stato un evento scioccante per tutti e ci ha messi di fronte alla realtà che questi monumenti non sono eterni, come siamo spesso portati a pensare".

Inoltre c'è il problema del piombo le cui polveri, generate dall'incendio, hanno invaso tutta la cattedrale. "Un tema non considerato all'inizio, quando tutti si sono dati da fare per salvare il monumento, senza però attivare un protocollo che è arrivato a luglio. Il piombo era nella guglia e nel tetto che con l'incendio, prima si è sprigionato nell'aria e poi si è depositato su altra polvere nella cattedrale. E' chiaro - osserva - che la decontaminazione non potrà eliminare del tutto il piombo, che del resto è presente in minima parte anche sui marciapiedi di Parigi come di tutte le città, ma va riportato entro i limiti di sicurezza".

Tra i problemi da affrontare c'è anche quello del "rinforzo statico del monumento, per poterci lavorare in sicurezza", dice la Hubert, a Palazzo Farnese a Roma assieme a Carlo Blasi, architetto presente sul cantiere dall'inizio dei lavori di messa in sicurezza, e al direttore del Siscom del Politecnico di Torino, l'ingegnere Bernardino Chiaia, per un incontro dal titolo 'Notre-Dame sei mesi dopo'.

"La situazione attuale - osserva Hubert - non consente quindi di fare un progetto né di stabilire tempi certi per il restauro. Del resto la cattedrale, al momento dell'incendio, non era in buono stato e c'era un cantiere di restauro programmato per quindici anni. Dopo il 15 aprile (data dell'incendio, ndr) si sono aggiunti altri lavori, quindi come si può restaurare la chiesa in cinque anni (quelli previsti da Macron, ndr?)? Semmai la mia opinione è che una cattedrale come Notre-Dame, visitata da 14 milioni di persone all'anno, non può stare chiusa per più di cinque anni, quindi riaprirà. Ma il cantiere di restauro andrà avanti. I tempi li conosceremo quando sarà pronto il progetto, verosimilmente non prima della metà del 2020".

Una valutazione "realistica" secondo l'architetto Blasi: "Ancora oggi nel cantiere non si parla di ricostruzione, perché i problemi attuali sono legati alla messa in sicurezza e alla possibilità di lavorare nel cantiere. Attualmente l'emergenza è quella dei ponteggi del cantiere di restauro che circondavano la guglia e che con l'incendio si sono fusi formando un tutt'uno con parti della struttura del tetto, ed è un miracolo che non siano crollati. Per smontare questi ponteggi e potere pulire e rinforzare le parti sopravvissute all'incendio - spiega Blasi - ci vuole tempo e grandi gru che consentano agli operai di lavorare sospesi, perché non possono camminare sul tetto".

Sulla tempistica dei restauri Chiaia fa, invece, l'esempio del Duomo di Torino: "L'incendio che danneggiò la cupola del Guarini è avvenuto nel 1997, e i restauri sono durati 21 anni, con la riapertura nel 2018", dice l'ingegnere del Politecnico di Torino, secondo il quale la tecnologia di monitoraggio "dovrebbe essere utilizzata anche per il patrimonio dei beni culturali. Oggi - sottolinea - gli strumenti sono piccoli e lavorano in wireless, sono capaci di rilevare i minimi segnali di incendio e i più piccoli collassi strutturali, senza essere esteticamente invasivi. Inoltre - conclude - occorrerebbe cambiare totalmente la filosofia dell'analisi di rischio, basandosi sulle conseguenze di ciò che può accadere anziché sulle valutazioni di resistenza strutturale di un edificio".

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