No, il Mineiratzen non sarà il nuovo Maracanazo
No, il Mineiratzen non sarà il nuovo Maracanazo. L'hanno ribattezzato così, con un tedesco maccheronico applicato allo stadio dove si è consumato ''o pior vexame'', titolo su due pagine, la peggiore vergogna, anche un po' per sdrammatizzare: 64 anni fa si contarono, dopo la sconfitta al Maracana contro l'Uruguay, 56 morti per arresto cardiaco (una decina allo stadio), 34 suicidi (due dentro il Maracanã al fischio finale), persino il successivo tentato suicidio di un giocatore protagonista della finale caduto in depressione, furono proclamati tre giorni di lutto nazionale. Oggi no. Il Brasile si è risvegliato un po' pesto ma vivo, indaffarato come al solito a San Paolo, pigro come al solito a Rio. Le lacrime erano già state nascoste ieri sera dalla pioggia che bagnava un po' tutto il Paese e dal nubifragio che a Rio ha mandato in tilt la circolazione, allagando mezza Copacabana. Un po' come a Milano, per farvi capire come sono gravi i problemi del Brasile. La differenza rispetto al 1950, oltre che essere naturale conseguenza di una crescita sociale e civile da non sottovalutare, è data soprattutto dal fatto che allora si trattò di una vergogna nazionale, avevano perso tutti, qui si parla di una vergogna della nazionale, di questa Seleçao che non è mai piaciuta a nessuno, nella quale non credeva quasi nessuno, dalle quale tutti prendevano le distanze. Neymar ha tenuto vivo un sogno che gli appassionati di calcio locali affidavano più alla (eventuale) volontà di Dio che al gioco degli uomini di Scolari, un tecnico cui non è bastato un titolo mondiale, quello del 2002, per ottenere la stima e la riconoscenza dei suoi connazionali. Il suo calcio all'europea non è mai piaciuto. Qui rimpiangono ancora la Seleçao del 1982, che perse sì con l'Italia, ma pazienza. Giocavano al calcio, loro sì, divinamente.