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Brexit: il rigore di Teotino, fa male anche al calcio, non solo inglese

24 giugno 2016 | 13.22
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 - AFP
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Brexit fa male anche al calcio. A quello inglese, soprattutto, per la verità. Ma non soltanto a loro. Bisogna partire da un paio di considerazioni. La prima: l’Inghilterra è paese più importatore che esportatore di calciatori, in Premier League 388 giocatori su 595 nell’ultimo campionato erano stranieri (65,2%), fra i 23 convocati della nazionale per questi europei non ce n’è uno solo che giochi all’estero. La seconda: il sistema calcio inglese è al momento il più ricco al mondo, con proporzioni quasi umilianti per gli altri, la Premier League fattura 4.400 milioni di euro l’anno, rispetto ai 2392 della Bundesliga, ai 2053 della Liga spagnola e ai 1792 della Serie A.

Causa Brexit, i calciatori inglesi, scozzesi e nordirlandesi diventeranno extracomunitari, con effetti assai poco rilevanti su un mercato in uscita quasi bloccato, ma molto consistenti per le squadre inglesi che non potranno più beneficiare della libera circolazione dei giocatori comunitari. In realtà, non è previsto un tetto per gli extracomunitari nei campionati britannici, ma sono in vigore regole di inserimento molto stringenti: per ottenere il permesso di lavoro infatti, occorre avere giocato un numero minimo, molto alto, di partite con le nazionali di appartenenza.

Due esempi di attualità: il Leicester non avrebbe potuto prendere il francese Kante, pedina fondamentale della sorprendente corsa al titolo magicamente conquistato, e il Manchester United non avrebbe potuto comprare per 40 milioni più ricchissimi bonus il giovane talento Martial, altro giocatore francese. E qui veniamo alle conseguenze negative di Brexit sul calcio di tutta Europa e di tutto il mondo: se è vero che le nuove regole impediranno alle squadre di Premier di monopolizzare il mercato in entrata, è altrettanto vero che le meno facoltose concorrenti straniere troveranno chiusi rubinetti che in questi anni avevano consentito loro di rimanere a galla.

La Premier League era un po’ diventata l’ufficiale pagatore di tutto il calcio europeo e mondiale, risorse preziose che venivano rimesse in circolo. Gli effetti di Brexit non saranno naturalmente retroattivi, per cui tutti gli stranieri entrati in Gran Bretagna negli anni scorsi grazie alla libera circolazione comunitaria vi potranno restare. Ma d’ora in poi la corsa rallenterà. I club inglesi fra l’altro non potranno più rastrellare dai settori giovanili delle squadre dell’Unione europea, come facevano grazie ai loro ponti d’oro, i talenti in erba fra i 16 e i 18 anni. Le nuore regole cui dovranno sottostare lo impediscono. Almeno questo non è un male.

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