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Euro 2016

Il rigore di Teotino: Ronaldo, come decidere una finale senza giocarla

11 luglio 2016 | 15.00
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Cristiano Ronaldo (foto Afp) - AFP
Cristiano Ronaldo (foto Afp) - AFP

'The man of the match' è stato quello che non c’era. Incredibile, ma vero. Cristiano Ronaldo questa volta non ha deciso la partita segnando il suo ennesimo, chirurgico gol (sarebbe stato il 58esimo in questa stagione), ma l’ha decisa facendosi male. Un paradosso della psicologia applicata allo sport.

L’intervento – duro ma non scorretto, non era un’entrata intimidatoria, non era neanche fallo, ha giudicato bene l’arbitro Clattenburg – è accaduto otto minuti dopo il fischio d’inizio, cioè a finale ancora in fasce. Le prime lacrime di Ronaldo, con la percezione immediata che si trattasse di una cosa seria, hanno stordito sia chi stava in tribuna sia chi stava in campo. Praticamente hanno tutti smesso di fare quello che stavano facendo: di tifare i tifosi, di giocare i giocatori. Gli occhi dei 75.868 spettatori allo Stade de France, di quelli che stavano in panchina e anche di quelli che stavano in campo si sono puntati su di lui, l’unica cosa che importava era capire se ce l’avrebbe fatta a continuare oppure no. Come se la partita fosse stata sospesa.

La finale vera è cominciata al 25’, quando la barella che portava via Ronaldo si è infilata negli spogliatoi. Un’altra finale. Non più fra il Portogallo di Ronaldo e la Francia della Generation Griezmann, come era stata battezzata da Le Monde, ma fra il Portogallo orfano di Ronaldo e la Francia con il peso sulle spalle di una vittoria a quel punto obbligata.

L’improvvisa assenza del 'padre' ha galvanizzato i portoghesi, li ha indotti a ritrovare forze che sembravano al lumicino, dopo che altre due loro partite erano finite ai supplementari: ha prodotto quasi un effetto doping, in senso buono, in questo caso. La responsabilità invece ha paralizzato i francesi, già abbastanza oberati dal dovere morale di dover vincere in casa, come i loro predecessori avevano sempre fatto, sia nel 1984, sia nel 1998, e a quel punto anche senza più la necessità come di guardarsi alle spalle, dove il giocatore più forte del mondo, l’unico prevedibile ostacolo nella strada verso l’Arc de Triomphe, non c’era più.

Poco a poco, si è cominciato a capire che la Francia si stava avvitando nella sindrome della mosca impazzita, quella che non trova più la via d’uscita, mentre il Portogallo ogni minuto che passava accresceva la propria consapevolezza di potercela fare. Così, quando Ronaldo è tornato in panchina e si è messo al fianco del ct Fernando Santos a incitare e dare indicazioni ai compagni, con lo straordinario carisma che possiede, un carisma almeno pari alle sue doti tecniche e atletiche, si è capito come sarebbe andata a finire.

Che poi Ronaldo abbia scelto proprio Eder, uno che quest’anno era stato rimbalzato fra squadre minori di Francia e Inghilterra segnando la miseria di 6 reti in tutto, come 'man of the match', andando da lui prima dei supplementari e dicendogli "forza, che sarai tu a segnare il gol decisivo", questo appartiene alla favolistica prima che alla letteratura calcistica. Il vero 'man of the match' una volta di più è stato Ronaldo, l’unico calciatore in grado di decidere anche le partite che non gioca.

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