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Il segreto dei campioni 'highlander'

03 gennaio 2020 | 19.20
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Il medico: "Da Ibra a Federer non è solo questione di Dna"

(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Zlatan Ibrahimovic lo ha detto chiaramente, nel giorno della sua presentazione in casa Milan: "A 38 anni ho avuto più richieste di quando ne avevo 28". Il calciatore tornato alla maglia rossonera, già indossata 10 anni fa, fa parte di un club speciale, ma sempre più nutrito: quello dei campioni 'highlander', per i quali l'età non è un ostacolo. Un manipolo di eroi, senza dubbio. Però "non è solo la 'fibra' a fare la differenza", assicura all'AdnKronos Salute Fabio Pigozzi, presidente della Federazione internazionale di Medicina dello sport e professore ordinario di Medicina interna all'università Foro Italico di Roma. "La lotteria del Dna fa la sua grossa parte. La base per spiegare come alcuni campioni arrivino ai 40 anni con capacità prestazionali elevatissime è senz'altro il mix 'talento in un capolavoro genetico'. Ma nel cocktail" che funziona come un elisir di lunga vita per l'atleta "ci sono anche altri ingredienti".

Sicuramente, elenca l'esperto, "avere alle spalle una società sportiva che sa come gestire le risorse umane è fondamentale, ma soprattutto è l'atleta che deve metterci del suo e mantenere per tutto l'arco della vita sportiva una professionalità attenta a tutto, dall'allenamento ai piani di lavoro, fino agli stili di vita. La chiave è nella capacità di autogestirsi. Se si pensa ai campioni longevi, prosegue Pigozzi, sono "tutti atleti che gli addetti ai lavori conoscono bene per il loro essere professionisti impeccabili, attenti a dosare quelle che sono le proprie risorse, a non eccedere mai, a curare con l'allenamento le doti che madre natura ha dato loro. Ovviamente senza genetica e talento a 38 anni non ci si arriva".

Non sono pochi gli esempi che dimostrano come le scene sportive ad alti livelli si possano calcare per più di 20 anni e allontanare il giorno in cui si appende la maglia al chiodo. Lo sa bene Francesco Totti: il sofferto addio al calcio giocato dell'ottavo re di Roma si è consumato a maggio 2017 fra le lacrime di migliaia di tifosi, quando di anni il 'Pupone' ne aveva ben 40. Il portiere Luigi Buffon, quasi 42 anni, è ancora in campo. E i campioni 'over' non si vedono solo sul rettangolo verde. Valentino Rossi a febbraio 2020 spegnerà 41 candeline ed è l'anno del suo 25esimo Motomondiale.

Nel mondo del tennis la leggenda vivente è Roger Federer, che di record come 'il più anziano' ne sta collezionando uno dietro l'altro. Ancora, guardando agli States e al mondo del football, il quarterback pluricampione del Super Bowl, Tom Brady, a 42 anni veste ancora la maglia dei suoi New England Patriots. Il 'Mr money' del pugilato, Floyd Mayweather, ha alle spalle 42 primavere e detiene la 'palma d'oro' dell'atleta più pagato dell'ultimo decennio, secondo la classifica stilata da 'Forbes'. E ha anche annunciato il suo ritorno proprio nel 2020.

Niente leggende, assicura Pigozzi che nella sua carriera è stato anche responsabile dello staff medico della Roma di Boskov nei primi anni Novanta e ha avuto modo di conoscere diversi campioni. Nessun particolare trucco segreto per i Peter Pan dello sport. "Non sono robot. Anzi, il grande campione ha grandi doti umane. Ma il loro vantaggio è quello di essere completi e capaci di autocoscienza", dice.

Certamente molto è cambiato rispetto al passato. C'è stata un'evoluzione delle conoscenze. "Ricordo che i vecchi allenatori, quelli che giocavano negli anni '50 e '60 in serie A, raccontavano che allora si era costretti a far bere poco i calciatori perché si riteneva che l'acqua li appesantisse. Oggi invece sappiamo bene quanto sia fondamentale un'accurata idratazione e un appropriato equilibrio elettrolitico. Così come l'alimentazione gioca un ruolo cruciale", sottolinea Pigozzi.

Non è un caso se oggi gli 'atleti longevi' sono numericamente di più rispetto a decenni fa, "anche se magari i carichi di lavoro attuali sono più elevati", con impegni agonistici settimanali multipli. "Un contributo lo hanno dato i progressi scientifici. I passi avanti nella medicina e nella traumatologia dello sport. Ricordo che in passato, quando ero uno studente, la lesione dei legamenti crociati per un atleta poteva essere una condanna per la sua carriera sportiva. Prima dell'esordio dell'artroscopia e degli interventi di ricostruzione equivaleva spesso alla parola fine. Oggi abbiamo casi di recupero funzionale in tempi molto rapidi".

"Altro fattore che gioca a favore - conclude Pigozzi - sono i progressi nella metodologia dell'allenamento che consentono di mantenere a lungo le proprie risorse e di recuperare traumi del passato. Certo, resta un punto fermo quello che con un sorriso ripeteva spesso un noto fisiologo svedese: se vuoi diventare un campione devi sceglierti bene i genitori. Ma senza capacità di autogestirsi non si può arrivare così lontano".

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