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Anziani: ecco il 'welfare di condominio', badanti e case comuni

28 novembre 2015 | 14.54
LETTURA: 5 minuti

 Photo: Jens Kalaene - Infophoto - INFOPHOTO
Photo: Jens Kalaene - Infophoto - INFOPHOTO

Cucinano e si lavano con qualche difficoltà, avrebbero bisogno di aiuto per non confondere i farmaci, andare in banca, pagare le bollette e fare la spesa. Sono 10 milioni gli anziani autonomi o con qualche lieve disabilità, che non hanno bisogno di un'assistenza sanitaria specifica ma sono abbastanza fragili da non riuscire a fare tutto da soli. Non vivono in condizioni di estremo disagio, ma non possono permettersi un aiuto né tanto meno la retta di una casa di cura. Il welfare pubblico riesce sempre meno a erogare servizi per l'Italia che invecchia: la soluzione potrebbero essere nuovi modelli di assistenza. Come il 'Welfare di condominio'.

Badanti in grado di assistere, con costi ridotti, due o più anziani che abitano nello stesso stabile, cohousing per condividere abitazioni diventate troppo grandi e costose per una persona sola, portieri sociali, case comuni e care manager sono alcune delle proposte discusse dagli esperti riuniti al Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) a Napoli. Sono progetti già sperimentati con successo in 7 Regioni.

"Nel nostro Paese sono circa 6 milioni gli anziani autonomi, circa 4 mln gli over 65 con lievi difficoltà e quasi 3 milioni e mezzo i malati cronici non autosufficienti. Di questi - spiega Nicola Ferrara, presidente Sigg - appena il 2% è ricoverato in strutture sanitarie e il 5% è seguito con cure domiciliari. L’aumento dell’aspettativa di vita e la contrazione delle disponibilità economiche del Ssn hanno reso necessario non solo ridurre il numero e la durata dei ricoveri ospedalieri, e dei servizi socio-sanitari a partire dalle Rsa, già poco diffuse nel nostro Paese, ma anche sperimentare strumenti innovativi che si inseriscono all’interno di un microwelfare 'fai da te', volto a promuovere l’invecchiamento fra le mura domestiche". Un welfare fatto in casa.

"Si stima ancora - ricorda Ferrara - almeno un 20% di degenze improprie che nella maggioranza dei casi derivano dall'incapacità di rispondere a bisogni di anziani rimasti soli che non riescono a compiere piccole azioni quotidiane, ma non possono permettersi un aiuto neanche saltuario".

"Uno stato sociale che scricchiola, le esigenze socio-assistenziali degli anziani autonomi o con lievi difficoltà da una parte e le loro condizioni abitative dall’altra - osserva Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva - ci hanno portato a interrogarci su come migliorare l'assistenza elaborando un'idea di vecchiaia in cui la casa e il condominio possono rappresentare un luogo privilegiato dove misurare soluzioni per un invecchiamento attivo".

Per questo in varie regioni sono stati già sperimentati modelli assistenziali 'leggeri'. La badante di condominio è un progetto partito con successo dall’Emilia Romagna che si sta diffondendo in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia e Basilicata, che permette all’anziano di utilizzare la badante per il tempo necessario. Lo stesso principio viene applicato nel progetto 'Pronto badante', in sperimentazione da 6 mesi in Toscana: attraverso un numero verde interviene entro 48 ore a casa dell’anziano, un 'tutore' quando si manifestano per la prima volta situazioni di disagio o di fragilità.

"Anche portieri e custodi sociali che tengono sotto controllo le esigenze degli anziani e monitorano il loro livello di salute e sono una vera e propria 'antenna' del medico di famiglia - afferma Giuseppe Paolisso, past-president Sigg e rettore della Seconda Università di Napoli - possono essere una strada per rispondere ai bisogni di anziani che vivono da soli, così come il cohousing o il silverhousing ovvero la coabitazione con persone, esempio studenti ma anche pensionati, per allontanare la solitudine e risparmiare. Una scelta che, senza speciali incentivi, dal 2001 al 2015 è cresciuta di quasi il 200%".

Del resto, l'80% degli anziani, circa dieci milioni, ha una casa di proprietà, nel 35% dei casi ci vive da solo. Si tratta di appartamenti che nel 65% dei casi hanno più di quattro stanze, in maggioranza vecchi anche se in buone condizioni ma nel 76% dei casi prive di ascensore, un problema che può incidere pesantemente sulla qualità di vita e sui bisogni dell’anziano.

"Si fanno poi sempre più spesso esperienze di case comuni, ovvero palazzi in cui alcune aree di servizio come le lavanderie e le cucine sono messe in comune, per conciliare le esigenze di privacy con la condivisione delle necessità della vita quotidiana - conclude Ferrara - Tutte queste iniziative mirano a rispondere in maniera efficace ai nuovi bisogni di una popolazione che invecchia, senza disperdere risorse in interventi inappropriati e con l'obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali e sanitarie".

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