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Comunicato stampa

Cattiva informazione: tra le cause principali che costringono la donna a rinunciare alla maternità

02 luglio 2018 | 10.01
LETTURA: 6 minuti

Mario Mignini Renzini, Direttore Medico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi e Responsabile dell'Unità Operativa di Ginecologia presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza
Mario Mignini Renzini, Direttore Medico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi e Responsabile dell'Unità Operativa di Ginecologia presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza

Il Dott. Mario Mignini Renzini, Direttore Medico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi e Responsabile dell'Unità Operativa di Ginecologia presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza, illustra quanto possa incidere la disinformazione nel ricorso eccessivo alla procreazione medicalmente assistita

Il numero di donne che decide di procrastinare la maternità o è costretta a farlo è in continuo aumento. Le ragioni sono molto diverse: necessità indotta dall’instabilità economica o dall’assenza di un partner, scelta volontaria volta a dedicare le proprie energie ad altro - come il completamento del percorso di studi piuttosto che di carriera, motivi di salute e, in moltissimi casi, disinformazione.

Spesso, purtroppo, si procrastina la maternità perché non si è stati correttamente informati sui limiti della vita fertile, in particolare nella donna. Gran parte delle coppie in età avanzata per la fertilità che si rivolgono al nostro centro di medicina della riproduzione Biogenesi, il primo centro in Italia per numero di trattamenti di PMA (procreazione medicalmente assistita), è la mancanza di informazione relativa al fatto che posporre la maternità oltre i 32-35 anni ha delle conseguenze inevitabili sulla fertilità della donna e quindi sulla possibilità di concepire. Questa inconsapevolezza spesso deriva dall’assenza di informazioni e in alcuni casi anche da informazioni incomplete o non corrette ricevute dal proprio medico curante o addirittura dal ginecologo di fiducia.

Da un recente studio scientifico ("Awareness of effects of postponing motherhood among hospital gynecologists: is their knowledge sufficient to offer appropriate help to patients?" Springer Science+Business Media, New York 2016) è emerso, infatti, che il 56% dei ginecologi italiani che lavorano in strutture ospedaliere pubbliche e private ritengono “non rara” la possibilità, per una donna, di avere un figlio spontaneamente e senza aborto dopo i 44 anni e fino ai 50. Solo il 44% dei medici sa invece come calcolare la riserva ovarica di una donna, ovvero la quantità di ovociti disponibili nelle ovaie per iniziare una gravidanza, indicatore fondamentale per comprendere se il tempo per avere un figlio “sta per scadere”.

La non informazione e le informazioni sbagliate, non accompagnate da evidenze scientifiche, generano false illusioni nelle coppie, lasciando credere alla maggior parte delle donne che ottenere una gravidanza dopo i 40 anni sia semplice e che grazie alle tecniche di PMA la fertilità possa essere sempre prolungata ben oltre i limiti naturali. Dallo studio è emerso, inoltre, che il 49% dei ginecologi intervistati è convinto che l’assunzione prolungata di contraccettivi orali, la somministrazione di ormoni per la stimolazione ovarica o l’uso delle tecniche di fecondazione in vitro siano in grado di posporre il limite dell’età fertile di una donna.

La realtà, invece, è che la fertilità subisce un rapido declino dopo i 35 anni e che le chance di avere un figlio in maniera naturale sono estremamente ridotte dai 40 anni.

Con l’avanzare dell’età, in una donna non solo si riduce progressivamente la riserva ovarica di follicoli e ovociti ma aumenta il tasso di possibili danni genetici negli ovociti e quindi negli embrioni. Per una donna di 43 anni, se mai la gravidanza dovesse instaurarsi, nel 50% dei casi l’esito sarebbe un aborto spontaneo, dovuto ad anomalie degli embrioni incompatibili con la vita. Al contrario di quanto emerso dall’indagine sulle conoscenze dei ginecologi italiani in tema di fertilità, per una donna di 44 anni con problemi di sterilità o che non ha mai avuto gravidanze prima, la possibilità di rimanere incinta e portare a termine una gravidanza con successo è quindi rara.

Il risultato di questa disinformazione è che un numero sempre più elevato di donne sono colpite da ciò che noi medici chiamiamo PIC: Permanent Involuntary Childlessness. Si tratta di donne che, con il loro partner, non hanno avuto figli non per scelta ma per non avere appreso per tempo che, con il passare degli anni, raggiungere questo obiettivo sarebbe diventato difficile o addirittura impossibile utilizzando i propri ovociti. L’età, specialmente della donna, è un fattore che incide non solo sull’assenza di figli in una coppia ma anche sull’aumento dei rischi di complicazioni durante la gravidanza, sui difetti fetali e sulle patologie neonatali. Inoltre, l’idea che la PMA possa risolvere tutti i problemi legati all’infertilità spesso porta le coppie che arrivano da noi in età avanzata a credere che basti avere la pazienza per affrontare un numero indefinito di trattamenti per avere un bambino, ma non è così.

Ad aprile di questo anno, durante il Congresso Ebart 2018 - Evidence Based Assisted Reproduction Technology - uno dei principali congressi internazionali di medicina della riproduzione basati sull’evidenza, che ha visto la presenza di 400 medici provenienti da 24 diverse nazioni, si è discusso molto sull'idea di dare un limite al numero di trattamenti a cui si sottopongono le coppie. Sappiamo che una coppia, dopo un certo numero di trattamenti con esito negativo, o una donna di età pari o superiore ai 43 anni ha scarse possibilità di successo. In questi casi è opportuno informare la coppia della possibilità di avvalersi dei trattamenti di procreazione assistita eterologa, con donazione di ovociti di una donna più giovane.

Per evitare che le persone restino involontariamente senza figli è necessario fare cultura sulla prevenzione. La prima regola da seguire, specie per la donna, è quella di concepire possibilmente prima dei 35 anni. Se non sussistono le condizioni per concepire in giovane età o se ci si deve sottoporre a cure mediche invasive come quelle chemioterapiche, consigliamo di ricorrere per tempo alla crioconservazione “preventiva” dei propri gameti da poter utilizzare eventualmente negli anni futuri. Per le coppie che invece cercano da più di 9-12 mesi una gravidanza senza successo, consigliamo di richiedere, senza timori, un consulto e sottoporsi ad un check up presso un centro specializzato di medicina della riproduzione.

Per maggiori informazioni: www.biogenesi.it

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