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Washington Post

"In documenti sequestrati a Trump anche segreto tra i più riservati"

24 agosto 2022 | 13.19
LETTURA: 5 minuti

E' quanto ha affermato una fonte del Washington Post sulle perquisizione dell'Fbi

Afp
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Nella perquisizione a Mar a Lago, l'Fbi ha sequestrato a Donald Trump documenti contenenti un'informazione che è "tra i segreti più riservati che abbiamo". E' quanto ha affermato una fonte del Washington Post, confermando che una parte del materiale recuperato durante la perquisizione dell'8 agosto scorso viene considerata "riservata in modo straordinario perché potrebbe rivelare segreti ben custoditi sul modo in cui l'intelligence Usa raccoglie le informazioni".

Nei giorni immediatamente successivi alla perquisizione, sempre il Post aveva rivelato che l'Fbi cercava nella residenza dell'ex presidente materiale relativo agli arsenali nucleari.

Il quotidiano americano cita anche alleati dell'ex presidente che imputano all'uscita frettolosa di Trump - che invece di preparare il trasloco per mesi come hanno fatto i suoi predecessori ha aspettato l'ultimo momento a gennaio per organizzare il trasloco dalla Casa Bianca che Joe Biden aveva secondo lui illecitamente conquistato a novembre - il fatto che l'Fbi abbia trovato nella camera da letto, nell'ufficio ed in deposito al primo piano della sua residenza in Florida tutti questi documenti riservati.

Nell'indagine sui documenti portati via dalla Casa Bianca, l'Fbi ha interrogato ex staff e valletti della Casa Bianca che hanno descritto Trump come "un collezionista compulsivo, che ha personalmente controllato la sua collezione di memorabilia della Casa Bianca anche prima di lasciare Washington e che non voleva restituire nulla".

Testimonianze che hanno convinto gli agenti federali del fatto che l'ex presidente continuasse a conservare documenti riservati in Florida, anche dopo le 15 casse consegnate, di malavoglia, nel gennaio 2022 agli archivi nazionali e poi gli altri documenti consegnati dopo il mandato del grand jury arrivato a Mar a Lago a maggio.

Lo scorso febbraio, quando è emersa per la prima volta la vicenda dei documenti sottratti da Trump, sempre il Post ha rivelato che tra le carte consegnate agli archivi anche le lettere che si era scambiato con il leader nordcoreano Kim Jong, che lo stesso Trump aveva scherzosamente chiamato 'lettere d'amore'.

Prima della perquisizione dell'Fbi dell'8 agosto, c'e' stato un braccio di ferro durato mesi tra gli archivi nazionali e poi il dipartimento di Giustizia da una parte e Trump ed i suoi avvocati dall'altra per i documenti che l'ex presidente si era portato via dalla Casa Bianca. Secondo quanto rivela inoltre il Washington Post, Trump era stato informato il 12 aprile scorso che l'Fbi avrebbe esaminato i documenti che lui a gennaio aveva di malavoglia consegnato agli archivi nazionali.

Trump ha iniziato così una strategia di ritardi, provocazioni e aperta sfida alle autorità federali che intanto si erano convinte che l'ex presidente non aveva consegnato agli archivi tutto il materiale sottratto. In questa strategia rientra la lettera pubblicata ieri dagli archivi nazionali, datata 10 maggio e indirizzata ad un avvocato di Trump, in cui si ricorda che "sono passate quattro settimane da quando vi abbiamo informato della nostra intenzione di permettere che l'Fbi prenda visione" del materiale che era stato riconsegnato agli archivi. E si comunica che non si ritiene legittimo l'argomento, usato dai legali di Trump, che quei documenti sarebbero stati coperti dal privilegio esecutivo.

E' stato dopo lo scandalo Watergate, che ha fatto emergere gli abusi commessi da Richard Nixon nella gestione dei documenti ufficiali, che è stato varato il Presidential Records Act che afferma che tutti i documenti preparati per un presidente sono da considerarsi di proprietà pubblica e quindi devono essere consegnati agli archivi nazionali una volta terminato il mandato.

Subito dopo la conclusione del mandato di Trump gennaio 2022, i funzionari degli archivi nazionali si accorsero che non erano stati consegnati diversi documenti. Si rivolsero quindi allo staff dell'ex presidente per chiederne la consegna, ma a questo punto iniziò uno stallo durato praticamente un anno e terminato solo quando Trump accettò, il 17 gennaio 2022, di consegnare parte del materiale.

Ma quando aprirono le ormai famose 15 scatole mandate a Washington da Mar a Lago i funzionari trovarono - nel completo caos di materiale non catalogato che andava da ritagli di giornale, note scritte a mano e copie di briefing del presidente - moltissime pagine di documenti, alcuni neanche appartenenti all'amministrazione Trump, alcuni dei quali recanti il timbro 'classified'.

A questo punto ai funzionari non restò altro che notificare la cosa all'Fbi, ed la vicenda diventò di dominio pubblico, con i democratici al Congresso che proclamarono l'intenzione di indagare. Trump veniva descritto come furioso, anche perché sarebbe stato lo stesso ex presidente a supervisionare, in grande segreto, il trasferimento di quelle scatole dalla Casa Bianca a Mar a Lago.

Così è iniziata l'indagine dell'Fbi con la richiesta di visionare il materiale classificato contenuto nelle casse arrivate agli archivi nazionali, a cui fa riferimento la mail del 12 aprile scorso arrivata agli allora avvocati di Trump, che fece infuriare ancora di più l'ex presidente. Nella mail si invitava Trump ad inviare dei suoi rappresentanti, con l'adeguata autorizzazione di sicurezza, anche per la visione dei documenti.

Ma Trump impiegò settimane per individuare i rappresentanti da inviare agli archivi di Washington, da qui la lettera del 10 maggio della responsabile degli archivi Steidal Wall che comunicava che il presidente Biden aveva dato a lei il potere di decidere il privilegio esecutivo non poteva essere applicato. Intanto l'inchiesta dell'Fbi andava avanti e praticamente in contemporanea, l'11 maggio, arrivava a Mar a Lago un mandato di un grand jury per la consegna di qualsiasi materiale classificato che ancora si trovava nella residenza.

Il tre giugno gli avvocati di Trump consegnarono dei documenti insieme a una lettera in cui affermava che era stato consegnato tutto il materiale classificato. Il 22 giugno arriva un nuovo mandato a Mar a Lago, questa volta per la consegna delle registrazioni delle telecamere di sicurezza che mostrano come varie persone siano entrate ed uscite dal deposito dopo erano conservati i documenti. Sette settimane dopo, infine, decine di agenti federali arrivano a Mar a Lago per la prima perquisizione della storia della casa di un ex presidente

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