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Inca Cgil, in Europa necessario definire livello minimo prestazioni di welfare

25 febbraio 2014 | 16.41
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Inca Cgil, in Europa necessario definire livello minimo prestazioni di welfare

Roma, 7 feb. (Adnkronos/Labitalia) - In Europa è necessario definire uno zoccolo minimo di prestazioni sociali per i lavoratori, perchè mentre i lavoratori a tempo indeterminato hanno delle tutele che, in qualche modo, possono essere anche a carattere universale, per i lavoratori atipici invece questo è un elemento che non è presente. E' quanto è stato ribadito oggi a Roma, in occasione del convegno dell'Inca 'Il posto del lavoro atipico nel coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale in Europa. Presentazione, valutazione e utilizzazione dei risultati del progetto Accessor'.

"La ricerca Inca -dice a Labitalia Claudio Treves, segretario generale della Nidil Cgil- ci mette sotto gli occhi la drammaticità e anche la straordinaria diversità delle condizioni del lavoro atipico nei vari paesi europei. Ci obbliga a dover lavorare su due campi: la conquista di un principio che è quello appunto dell'effettiva portabilità e totalizzazione dei diritti nell'ambito dell'Unione europea e la necessità che questi diritti abbiano un fondamento nazionale".

"Alla proliferazione di contratti cosiddetti atipici nei diversi paesi della comunità europea -fa notare a Labitalia Nicola Marongiu, reponsabile area Welfare Cgil- non corrispondono tutele in caso di disoccupazione o perdita del lavoro".

"E' difficile ragionare -avverte Marongiu- su una libera circolazione dei lavoratori in Europa, con contratto atipico. Questo perchè la limitazione delle tutele del Paese di origine comporta poi l'impossibilità del trasferimento delle prestazioni in un altro Paese. Abbiamo quindi un'assenza di tutela sia nel Paese di provenienza che, nel caso di mobilità, verso altri Paesi europei. Cerchiamo di cambiare -auspica- la normativa nel Paesi di origine, rispondendo con una maggiore protezione a queste tipologie contrattuali e rafforzando gli elementi di coordinamento all'interno dei Paesi dell'Unione europea".

Proposta pienamente condivisa da Salvatore Marra, presidente del comitato dei giovani della Confederazione europea dei sindacati. "Il dato generale che si trae -chiarisce a Labitalia- è quello di una precarietà che si allarga non solo dal punto di vista della quantità dei numeri, ma anche della fattispecie".

"I tipi di lavoro precario in Europa -ricorda- non sono solo in aumento numericamente, ma anche qualitativamente. Si pone dunque una sfida di rappresentanza e anche di riconoscimento dei livelli minimi per la tutela di queste categorie e di portabilità anche di questi diritti nei diversi Paesi europei. C'è poi da considerare l'esistenza di diverse fasce di vulnerabilità specifiche rispetto al problema del lavoro atipico come i migranti, le giovani donne e i giovani in generale".

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