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Insicurezza alimentare acuta tocca record quinquennale

05 maggio 2021 | 16.06
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Insicurezza alimentare acuta tocca record quinquennale

Nel 2020 il numero di persone esposte al rischio di insicurezza alimentare acuta e bisognose di urgenti aiuti umanitari e di sostegno alla sussistenza ha raggiunto il dato più alto degli ultimi cinque anni nei Paesi afflitti da crisi alimentari. È quanto si legge nel rapporto annuale pubblicato oggi dalla Rete mondiale contro le crisi alimentari (Gnafc), un’alleanza tra agenzie delle Nazioni Unite, l’Ue, organismi governativi e organizzazioni non governative istituita per affrontare congiuntamente il problema delle crisi alimentari.

Il duro monito lanciato dal Rapporto Mondiale Sulle Crisi Alimentari 2021 indica che "i conflitti, o gli shock economici frequentemente associati alla pandemia Covid-19, unitamente agli eventi meteorologici estremi, continuano a gettare milioni di persone nella morsa dell'insicurezza alimentare acuta".

Il rapporto della Rete mondiale contro le crisi alimentari rivela che nel 2020 almeno 155 milioni di persone sono state esposte al rischio di insicurezza alimentare acuta a livelli critici o peggiori (fasi 3-5 dell’Ipc/Ch) in 55 Paesi/Territori, un dato che appare in crescita di circa 20 milioni di persone rispetto allo scorso anno. Non solo: l’insicurezza alimentare acuta ha continuato inesorabilmente ad aumentare dal 2017, anno in cui è stata pubblicata la prima edizione del rapporto.

Di queste persone, rileva il report, nel 2020 circa 133mila hanno sperimentato il più grave livello di insicurezza alimentare acuta, classificato come Catastrofe (fase 5 dell’Ipc/Ch), nel Burkina Faso, nel Sud Sudan e nello Yemen, dove è stato necessario intervenire con aiuti d’emergenza per evitare morte diffusa e il tracollo dei mezzi di sussistenza.

Sempre nel 2020 almeno altri 28 milioni di persone hanno affrontato un livello di insicurezza alimentare acuta classificato come Emergenza (fase 4 dell’Ipc/Ch), molto prossimo alla morte per fame, in 38 Paesi/Territori, nei quali azioni tempestive hanno permesso di salvare vite e mezzi di sussistenza, impedendo la diffusione di carestie.

In un lasso di tempo di cinque anni in cui la rete Gnafc ha pubblicato i suoi rapporti annuali sono stati 39 i Paesi/Territori a essere colpiti da crisi alimentari; in questi Paesi, la popolazione che ha sofferto livelli elevati di insicurezza alimentare acuta (fasi 3-5 dell’Ipc/Ch) è cresciuta da 94 a 147 milioni di individui tra il 2016 e il 2020. Come se non bastasse, nei 55 Paesi/Territori colpiti dalla crisi alimentare esaminati nel rapporto, oltre 75 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni presentavano nel 2020 ritardi nella crescita (sottosviluppo), mentre più di 15 milioni mostravano segni di eccessiva magrezza (denutrizione).

In Africa l’insicurezza alimentare acuta ha colpito i vari Paesi in maniera sproporzionata. Tra le vittime di questo fenomeno nel 2020, si contavano nel continente africano quasi 98 milioni di persone. Altri angoli del pianeta, tuttavia, non sono stati risparmiati: tra i dieci paesi in cui si sono registrate le peggiori crisi alimentari lo scorso anno si annoverano infatti lo Yemen, l’Afghanistan, la Siria e Haiti.

Nel 2020 le principali cause dell’aumento dell’insicurezza alimentare acuta sono state i conflitti (la causa per eccellenza, che ha gettato quasi 100 milioni di persone nella morsa dell’insicurezza alimentare acuta, un dato in crescita rispetto ai 77 milioni del 2019); gli shock economici, spesso conseguenti alla pandemia Covid-19, che hanno sostituito gli eventi meteorologici come seconda causa di insicurezza alimentare acuta in termini sia di numero di individui colpiti sia di Paesi interessati (più di 40 milioni di persone in 17 Paesi/Territori rispetto ai 24 milioni e agli 8 Paesi del 2019); gli eventi meteorologici estremi (oltre 15 milioni di persone, in calo rispetto ai precedenti 34 milioni).

Se nel 2021 l'analisi prevede che "i conflitti rimarranno la principale determinante delle crisi alimentari, nelle economie fragili la pandemia Covid-19 e le misure di contenimento ad essa correlate, nonché gli eventi meteorologici estremi, continueranno ad aggravare l’insicurezza alimentare acuta".

"A un anno di distanza dalla dichiarazione relativa alla pandemia Covid-19, le prospettive per il 2021 e gli anni successivi appaiono fosche. È probabile che i conflitti, le restrizioni introdotte per arginare la pandemia che inaspriscono le difficoltà economiche e la persistente minaccia di condizioni meteorologiche avverse continueranno a provocare crisi alimentari", dichiarano le organizzazioni fondatrici della Rete mondiale, l’Unione europea (Ue), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il Programma alimentare mondiale (Wfp), in una dichiarazione congiunta rilasciata, di concerto con Usaid.

"La pandemia COVID-19 ha rivelato la fragilità del sistema alimentare mondiale e la necessità di creare sistemi più equi, sostenibili e resilienti per garantire un’alimentazione regolare e nutriente a 8,5 miliardi di persone entro il 2030. Se si vogliono conseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile è indispensabile trasformare in maniera radicale i nostri sistemi agroalimentari", rimarcano

"Fame e conflitti si alimentano vicendevolmente. Per risolvere l’uno dobbiamo risolvere contemporaneamente anche l’altro. Abbiamo il dovere di fare tutto quanto in nostro potere per porre fine a questo circolo vizioso. La lotta alla fame è il fondamento della stabilità e della pace", afferma António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, nella prefazione al rapporto. Nel marzo 2021, Guterres ha creato una Task force di alto livello sulla prevenzione delle carestie, guidata dal Sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e Coordinatore dell’aiuto d’urgenza, Mark Lowcock, in collaborazione con la Fao e il Wfp e con il sostegno dell’Ocha e di altre agenzie delle Nazioni Unite nonché di Ong partner.

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