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Mahsa Amini, Iran teme nuove proteste a un anno dalla morte

15 settembre 2023 | 12.47
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Gli Usa denunciano le intimidazioni alla famiglia della ragazza

Un corteo per Mahsa Amini
Un corteo per Mahsa Amini

Uccisa per non aver indossato correttamente il velo islamico. Per una ciocca di capelli intravista dall'hijab. Sarebbe stata questa la ''colpa'' della curdo-iraniana Mahsa Amini. Morta a pochi giorni dal suo 22esimo compleanno, il 16 settembre dello scorso anno, ''per un infarto'' secondo la polizia morale di Teheran che l'ha arrestata mentre era in vacanza con la famiglia. Deceduta per un'emorragia celebrale in seguito alle percosse subite, secondo testimoni oculari. Una denuncia che è suonata come un grido di dolore e di esasperazione, portando migliaia di giovani iraniani a scendere in piazza in tutto il Paese per manifestare il loro dissenso nei confronti del regime teocratico degli Ayatollah. E' nato così il movimento 'Donna, Vita, Libertà', facendo eco allo slogan curdo che è stato intonato a gran voce durante il funerale di Mahsa Amini.

Il coraggio maggiore lo hanno mostrato proprio le donne, mettendoci la faccia e togliendosi il velo islamico, obbligatorio in Iran dalla Rivoluzione islamica del 1979. Un passo avanti e due indietro, verrebbe da dire dopo che il 15 agosto la Guida suprema della Repubblica islamica, l'Ayatollah Khamenei, ha inasprito le regole sull'abbigliamento islamico, prevedendo misure ancora più severe per chi le viola. Nel frattempo, però, dopo essersi scoperte il capo, donne e ragazze si sono tagliate ciocche di capelli e bruciato l'hjab per le strade e sui social, così da amplificare la protesta oltre i confini della Repubblica islamica. Accanto a loro sono scesi a manifestare ragazzi e uomini, studenti e lavoratori, stanchi di una repressione che ha nel velo il simbolo più evidente, ma che si declina in una serie di libertà negate.

Centinaia i civili uccisi durante le proteste, tra cui giovani donne, e migliaia quelli arrestati, compresi giornalisti. Tra questi anche Nilufar Hamedi, la giornalista che per prima ha dato notizia di quanto accaduto a Mahsa Amin. Arrestata a Teheran anche Faezeh Hashemi, figlia del ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani. Undici i manifestanti che sono stati condannati a morte per aver contestato il regime, sette dei quali sono stati impiccati.

Molti di loro avevano chiesto giustizia per Mahsa, che venissero puniti i responsabili della sua morte e poi delle più ampie violazioni dei diritti umani. Oltre ai video di denuncia, infatti, i social sono stati anche inondati dai filmati ripresi con il cellulare o con telecamere di sorveglianza in cui si vedono donne picchiate per le strade. Abusate e violentate a volte per il fatto di aver sfidato il regime. Alcune di loro sono state accecate dagli uomini di sicurezza che miravano agli occhi per impedire loro di testimoniare quello che avevano visto. O di guardare verso un futuro diverso.

Tra le vittime ci sono state molte ragazze come Mahsa Amici. Tra loro Hadis Najafi, 23 anni, uccisa con sei colpi di arma da fuoco al collo, al petto, al viso. Hananeh Kia, 23 anni, colpita da un proiettile a Noshahr, nel nord dell'Iran, e Ghazale Chelavi, 32 anni, di Amo. Ma ci sono anche giovani, giovanissime, che non hanno avuto paura di togliere dalle pareti delle loro scuola il ritratto dell'Ayatollah Ali Khamenei, la guida suprema della Repubblica islamica, per poi saltarci sopra. Come a un passato da dimenticare, per ripartire. La repressione anche qui non è mancata, come è emerso dagli avvelenamenti nella scuole femminili. Ma la protesta continua.

In queste ore, gli Stati Uniti denunciano le "continue intimidazioni" alla famiglia di Mahsa. "È la quarta volta nelle ultime due settimane che il regime iraniano convoca il padre di Mahsa per interrogarlo - ha denunciato il portavoce del dipartimento di Stato americano Matthew Miller - Il regime continua a intimidire senza sosta la sua famiglia e le famiglie dei manifestanti uccisi".

"Il regime non può intimidire il popolo iraniano e costringerlo al silenzio - ha affermato ancora Miller - Il mondo sta osservando il trattamento riservato a queste famiglie, così come le continue intimidazioni nei confronti dei giornalisti e gli abusi contro i manifestanti pacifici, e noi continueremo a seguire da vicino e a intraprendere azioni appropriate in risposta".

Il regime di Teheran teme ''una nuova scintilla'' e ''sta cercando in tutti i modi di contenere le proteste'' che vedranno il loro ''clou il 16 settembre'', primo anniversario della morte di Mahsa Amini, quando sono ''previste manifestazioni radicali'' che ''potrebbero sfuggire di mano alle autorità'', dice all'Adnkronos Ghazal Afshar, portavoce dell'Associazione Giovani Iraniani in Italia. Ma in Iran ''c'è una maggiore adesione alle proteste e una maggiore coesione tra la popolazione'', con ''giovani e anziani, uomini e donne, ricchi e poveri'' che ''non ne possono più del regime teocratico assassino che è il loro vero nemico'', aggiunge, spiegando che ''da fonti interne sappiamo che il regime ha schierato 15mila uomini dei Pasdaran e delle forze paramilitari Basij nelle università sotto copertura, come studenti o professori, per monitorare la situazione''. E ''il regime sta cercando di tutelarsi aumentando la repressione interna e il numero di pattuglie per le strade''. Ma anche ''inviando agenti nelle zone maggiormente interessate dalle proteste'' e ''trasferendo numerosi prigionieri politici dal carcere di Evin''.

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