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Libri, ‘Il calcio conta’: fotografia sulla crisi del pallone italiano

07 giugno 2014 | 13.06
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Gianfranco Teotino, Michele Uva e Niccolò Donna analizzano con numeri e cifre la perdita di competitività dei nostri club in Europa

(Adnkronos)
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Il momento di difficoltà del calcio italiano raccontato attraverso il linguaggio sintetico e immediato dei numeri. E’ questo l’obiettivo di ‘Il calcio conta - Annuario di infografiche nel pallone’ scritto da Gianfranco Teotino, Michele Uva e Niccolò Donna e presentato a Roma presso il Circolo del tennis al Foro Italico. Al dibattito sul libro edito da Rai Eri-Bur, moderato dal direttore di Rai Sport Mauro Mazza, hanno preso parte anche il presidente della Lega di Serie A Maurizio Beretta, e i presidenti di Napoli e Lazio, Aurelio De Laurentiis e Claudio Lotito. Un malessere, quello del pallone, che ha portato il calcio made in Italy a perdere di competitività rispetto agli altri campionati europei.

“Il gap è sempre più ampio, gli altri crescono più velocemente di noi -spiega il giornalista Gianfranco Teotino -. Bisogna investire per tornare ad essere competitivi, nel calcio la spending review non basta, abbiamo il problema delle super-squadre che incassano 300 milioni ma devono competere con club stranieri che ne incassano 500. Se non si riesce a lavorare sui ricavi sarà difficile andare avanti e impossibile costruire stadi nuovi di cui c’è sempre più bisogno”. A conferma di quanto ‘il calcio conta’ ci sono i dati in arrivo dalla Francia, nelle scorse settimane la Ligue 1 ha ceduto i diritti tv domestici per il quadriennio 2016-2017/2019-2020 per un totale di 3 miliardi di euro circa. E la crescita dei fatturati nel Vecchio Continente negli ultimi 15 anni conferma il buono stato di salute: +326% in Premier League, +322% in Bundesliga, +288% in Ligue 1, +237% nella Liga spagnola e +185% in Serie A. Ma il progresso nel Belpaese resta modesto, nell’ultimo triennio è stato del 2,5% a fronte del 17,7% dell’Inghilterra e del 12,5% tedesco.

Dal 2012-2013, per il secondo anno di seguito, il valore della produzione della A è cresciuto più del costo di produzione. Le entrate complessive sono state pari a 2.307, 6 milioni, +7,5%, crescita dovuta soprattutto ai ricavi da diritti media, +8,1%. Nello stesso periodo il costo della produzione della Serie A è salito da 2.376 a 2.472 milioni, +4,1%, nel 2012-2013, è invece cresciuto solo dell’1% il costo del lavoro. La società col costo del lavoro più alto è il Milan, 183,8 milioni. Si è un po’ fermata la crescita dei costi, in A il valore della produzione è cresciuto più dei costi; complessivamente le 20 società di A che hanno perso 201 milioni con un deficit aggregato in calo del 33% negli ultimi due anni. Il trend ci dice che l’Italia pallonara sta diventando un Paese esportatore di campioni. Ancora troppo ampie le rose: nel 2012-2013 i calciatori professionisti tesserati erano 1.127, 56,3 a squadra. In calo l’affluenza di pubblico, a livello di Serie A siamo a una media di 22.591 spettatori a partita a fronte dei 42.624 della Bundesliga e agli oltre 35mila della Premier.

Alla base del problema ci sono impianti desueti con una età media di 64 anni: nessuno stadio italiano è considerato dall’Uefa in categoria ‘elite’. Un esempio il modello Germania dove gli stadi nel periodo 2003-2012 hanno fatto registrare ricavi al botteghino del 113%, +57% in Liga a fronte dell’11% in più in Italia. Italia indietro anche nel settore delle sponsorizzazioni e delle attività commerciali: nel 2012-2013 l’intera A ha realizzato entrate di 341 milioni ma resta impietoso il confronto con gli altri. Nell’ultimo anno il solo Bayern Monaco ha portato a casa 237 milioni, 211 il Real Madrid mentre in Italia il Milan, leader nel settore, non arriva a 100 milioni, a 68,4 la Juve. Il valore medio dello sponsor tecnico, nell’anno 2012-2013, in Premier League ha un valore medio di 145,5 milioni di euro, 82,5 in Spagna, 56,7 in Germania e 65,5 milioni in Italia con 1 milione e 100 mila magliette ufficiali vendute a fronte dei 5.471.700 della Premier. Da sfruttare di più i giovani: in Europa è il Barca la società che ha prodotto più giocatori attivi. L’Italia ha invece il record di età media più alta dei suoi calciatori, 27,32 anni. Un dato che è il segno dei tempi: le reti degli stranieri in A salite dal 34,6% della stagione 2004-2005 al 52,6% del 2012-2013.

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