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Pochi soldi investiti e musei mezzi vuoti, nel 2013 la cultura crolla con Pompei

26 giugno 2014 | 15.48
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Incassi a picco per teatri (-15,5%), mostre (-12,8%) e concerti (-14,4%). Il Macro di Roma registra un -52% di visitatori, le presenze al Palaexpo diminuiscono del 10%. Federculture: “Affidando ai giovani musei e siti chiusi potremmo abbattere del 5% disoccupazione giovanile”

Pochi soldi investiti e musei mezzi vuoti, nel 2013 la cultura crolla con Pompei

La cultura perde terreno e registra un calo dei consumi e degli investimenti. Per il secondo anno consecutivo, nel 2013 diminuisce la spesa culturale delle famiglie italiane che registra un -3%. Un calo che interrompe un lungo periodo nel quale, passando dai 55 miliardi di euro del 2000 ai 71,5 del 2011, la spesa in cultura aveva registrato un incremento del 30%. La contrazione consecutiva degli ultimi due anni, nel 2012 e nel 2013, comporta un crollo del 7%.

A mettere in luce questi dati è Federculture nel Rapporto Annuale 2014 ‘Cultura l’alternativa alla crisi per una nuova idea di progresso’, presentato questa mattina a Roma durante l’assemblea generale della federazione delle aziende culturali italiane. La stessa inversione di tendenza investe anche la fruizione culturale. Tra il 2002 e il 2011 in tutti i settori si registravano valori in crescita che, nel biennio 2012-2013, si trasformano in un vistoso crollo nei diversi settori: teatro -15,5%, mostre -12,8%, concerti -14,4%.

“Sul lavoro -afferma Roberto Grossi, Presidente di Federculture - in particolare ben vengano i provvedimenti del governo per l’occupazione giovanile nella cultura, ma occorre fare molto di più e voglio lanciare una sfida: sono convinto che se affidassimo a imprese e associazioni giovanili, con obiettivi e regole chiare, i tanti musei e luoghi della cultura dello Stato e degli Enti locali praticamente chiusi e incentivassimo start up nel campo dell’industria culturale e creativa in due anni potremmo abbattere del 5% l’altissimo livello di disoccupazione giovanile”.

Federculture segnala che, sul fronte degli investimenti, le cose non vanno meglio. Complessivamente l’intervento pubblico nella cultura, proveniente dallo Stato e dalle amministrazioni locali, negli ultimi dieci anni è diminuito di oltre 1,6 miliardi. Gli investimenti dei privati, con sponsorizzazioni, erogazioni liberali, investimenti delle fondazioni bancarie nel settore culturale dall’inizio della crisi, ovvero nel 2008, ad oggi sono calati di circa 350 milioni di euro, vale a dire il 40% in meno. Accanto ai dati negativi, però, Federculture evidenzia anche qualche elemento su cui poter contare:l’Italia è comunque sempre il quinto Paese esportatore di beni creativi al mondo e leader nelle esportazioni di prodotti di design per i quali è al primo posto tra le economie del G8 e al secondo tra quelle del G20.

Le cifre - Scendendo nel dettaglio, nel 2013 la spesa in cultura e ricreazione degli italiani si ferma a 66,5 miliardi di euro, 5 miliardi in meno spesi nel settore se si considera il biennio 2012-2013. Di pari passo continua a diminuire anche la partecipazione culturale in tutti i settori: teatro -8%; musei e mostre -7,5%, cinema -5,6%, concerti -6,3%. Anche in questo caso il 2013 è il secondo anno di contrazione e tra 2012 e 2013 il crollo della partecipazione diventa anche a due cifre.

Dati che collocano l’Italia in fondo alle classifiche europee. Secondo Federculture il nostro Paese è tra gli ultimi 8 paesi per spesa culturale delle famiglie nella classifica dell’Europa a 27 e al di sotto dei valori medi europei sia nella spesa in cultura che nella pratica culturale generale: il nostro indice di ‘alta partecipazione culturale’ è 5% mentre la media Ue è 13%.

Un dato positivo si registra per i musei statali che recuperano parzialmente la diminuzione del 10% dei visitatori del 2012, con un aumento del 2,9% nel 2013- Ma se si guarda alle strutture civiche in molte città si incontrano delle flessioni: a Roma i musei comunali segnano un 5,7% in meno di visitatori, a Palermo -5,3%, Milano -4,2%, Bologna -4,2%. Il pesante calo dei consumi evidenziato dai dati più recenti è influenzato dalla crisi generale, ma anche da una riduzione dell’offerta conseguente alla continua contrazione degli investimenti pubblici e privati nel settore culturale e alla mancanza di politiche e provvedimenti organici di modernizzazione nella gestione.

Secondo Federculture, inoltre, il quadro della risorse destinate a vario titolo al settore non è confortante. A livello statale la leggera risalita dello stanziamento Mibact per il 2014, 1.595 milioni di euro contro i 1.547 programmati nel 2013, frena solo parzialmente l’emorragia che in dieci anni ha visto il ministero di via del Collegio Romano perdere il 27,4% del proprio budget. Ma sono soprattutto le amministrazioni locali ad essere in difficoltà: dai Comuni nel 2012 sono stati destinati al settore della cultura 1,9 miliardi di euro, il 9,4% in meno sul 2011 e ben il 26% in meno rispetto al 2005 quando le risorse investite nella cultura erano pari a 2,6 miliardi di euro. Significativo è pure il calo degli investimenti effettuati negli ultimi anni dalle Province pari nel 2012 a 160 milioni di euro, -25% sul 2011 e -42% rispetto al 2006.

Investimenti - Il rapporto di Federculture rileva la stessa tendenza per gli investimenti dei privati: -9% alla cultura dalle fondazioni bancarie; -18% dalle erogazioni liberali, mentre segnano una leggera ripresa le sponsorizzazioni che nel 2013 crescono di 9 milioni di euro, +6%. In questo scenario come quello descritto, infatti, c’è una parte del Paese che funziona. Le molte aziende culturali pubblico-private che gestiscono beni e attività culturali dimostrano come sia possibile ottenere risultati di efficacia ed efficienza anche in una situazione di crisi.

La ricerca Federculture condotta per il terzo anno su un campione di realtà tra le quali la Fondazione Musei Civici Venezia, Triennale di Milano, Fondazione Torino Musei, Madre Napoli, Azienda Speciale Palaexpo e Fondazione Maxxi, presenta indicatori molto chiari: nel periodo 2008-2013 nonostante una riduzione media dei contributi pubblici del 32,4% e di quelli privati del 48%, le aziende sono riuscite ad incrementare le entrate proprie +36%, le presenze +16%, l’occupazione +7,4% e l’autofinanziamento che raggiunge una media del 54%.

Risultati ancor più rilevanti, spiega Federculture, se si considera che nel 2013 il 15% degli istituti culturali statali non ha avuto visitatori, né generato introiti, che solo il 9% dei musei italiani ha un servizio di biglietteria on line o che appena il 5% offre applicazioni per smartphone o tablet.

Le aziende autonome di gestione sono un modello virtuoso di cui la politica deve finalmente tenere conto, anche perché si dimentica spesso che solo il 9% dei 4.588 siti culturali italiani fanno capo allo Stato, mentre il resto fa parte di quella fitta rete di realtà piccole e grandi diffuse nel paese gestite prevalentemente da organismi di natura privatistica e che accolgono oltre il 60% dei visitatori dei nostri musei e beni culturali.

Roma- Quanto invece all’analisi delle performance delle singole strutture, non solo della rete civica, il Rapporto di Fedrculture rileva alcuni dati positivi, ma altri preoccupanti, relativi alla Capitale. In particolare, per il Macro, i cui visitatori in un anno sono più che dimezzati, registrando un -52%, ma anche per i Capitolini che perdono quasi il 9% degli ingessi o l’Azienda Palaexpo in cui le presenze diminuiscono del 10% e tra le strutture statali la GNAM che vede calare il proprio pubblico del 20%. Di contro ci sono anche ottimi risultati come quello del Maxxi, +43% del Museo dell’Ara Pacis, +37%.

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