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Venezia, Barbera: ''Potrebbe anche rivincere un italiano''

22 agosto 2014 | 15.40
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Dopo la vittoria l'anno scorso di 'Sacro Gra', il direttore della Mostra a pochi giorni dall'inizio della kermesse: ''E' già successo a Cannes con i Taviani ('Padre Padrone' 1977) e Olmi ('L'albero degli zoccoli' 1978)''. E aggiunge: ''Desplat saprà dirigere la giuria con autorevolezza''. Martone guida la carica degli italiani FOTO

Alberto Barbera (foto Biennale)
Alberto Barbera (foto Biennale)

"Le logiche correnti, anche quelle dell'alternanza, sono fatte per essere smentite, e poi le giurie non hanno memoria, non guardano al lavoro dell'anno precedente, della giuria precedente. A Venezia potrebbe anche rivincere un film italiano". Alberto Barbera, alla sua sesta direzione del Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, conversando con l'AdnKronos, parla così della possibilità che dopo il Leone d'Oro di Venezia 70, a 'Sacro GRA' di Gianfranco Rosi, l'Italia possa bissare il successo a Venezia 71, con uno dei film tricolori in Concorso. Quanto a vittorie nazionali consecutive Barbera cita poi un precedente illustre e al di sopra di ogni sospetto: "E' già successo, ad esempio, a Cannes dove gli italiani vinsero due Palme d'Oro una dietro l'altra -ricorda- nel 1977 Paolo e Vittorio Taviani con 'Padre padrone' e nel 1978 Ermanno Olmi con 'L'albero degli Zoccoli'".

Parole di buon auspicio per la pattuglia italiana (FOTO) in Concorso che comprende 'Il giovane favoloso' di Mario Martone, con Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco e Isabella Ragonese; 'Anime nere' di Francesco Munzi, coproduzione italo-francese, con Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo e Barbora Bobulova; 'Hungry Hearts' di Saverio Costanzo con Adam Driver, Alba Rohrwacher e Roberta Maxwell. Un terzetto cui è lecito aggiungere il 'Pasolini' di Abel Ferrara, coproduzione tra Francia, Belgio e Italia con Willem Dafoe, Riccardo Scamarcio, Ninetto Davoli, Valerio Mastandrea, Maria de Medeiros, Adriana Asti, Salvatore Ruocco, per il tema trattato ma anche per il cast e per l'italianità di elezione di Ferrara e Dafoe.

Buoni auspici di Barbera a parte, la scelta spetterà comunque alla giuria che quest'anno, "prima volta in assoluto per il Concorso di Venezia" sottolinea il Direttore, è presieduta da un musicista: il francese Alexandre Desplat (parigino, classe '61) compositore di colonne sonore cinematografiche. "Quella di Desplat è stata un scelta ragionata, anche per sfuggire alla reazione pavloviana, tipica dei festival, per la quale quando si cerca una figura autorevole si finisce sempre per puntare su un regista o uno sceneggiatore -spiega Barbera- anche se poi riconosciamo che i film sono opere collettive. Un festival deve essere anche capace di rompere questi automatismi".

DESPLAT PRESIDENTE GIURIA - Automatismi rotti e coralità riconosciuta anche con i Leoni d'Oro alla carriera, assegnati su proposta di Barbera: per la prima volta in questa edizione uno è stato assegnato a un montatore, anzi a una montatrice, Thelma Schoonmaker, "senza di lei Scorsese non sarebbe Scorsese" dice il Direttore, l'altro è andato a Frederick Wiseman, cineasta indipendente che ha realizzato 39 documentari e due film di finzione. Quanto alla capacità di amministrare i fermenti della giuria, ricca di personalità forti, Berbera non ha dubbi su Desplat: "Lo conosco personalmente e non solo è uno dei più grandi compositori contemporanei ma un cinefilo straordinario che saprà dirigere la giuria con autorevolezza. Diciamo che con lui mi sento in una botte di ferro: è una persona dolcissima e gentile, diplomatica ma convincente ed estremamente consapevole del proprio ruolo. Se sarà necessario sono certo che saprà imporsi ma non credo che lo sarà: ho partecipato a numerose giurie, ho seguito i lavori di altre in questi anni è ho sempre notato grande disponibilità al dialogo e poca propensione al conflitto".

MANIFESTO - Francese il presidente della giuria principale e 'francese' anche il manifesto per Venezia 71, ispirato all'immagine finale del capolavoro della nouvelle vague 'I 400 colpi' (1959) primo lungometraggio di Francois Truffaut, regista amatissimo da Barbera, con lo sguardo fisso, nel film un fermo immagine, del protagonista Antoine Doinel (interpretato da Jean-Pierre Léaud) verso gli spettatori, spalle al mare, al suo essere limite e possibilità, raggiunto dopo la fuga dal riformatorio. " Uno dei finali più intensi della storia del cinema -afferma Barbera- che non può lasciare indifferenti. Abbiamo voluto il piacere di citarlo e di avere nel manifesto l'immagine di un adolescente, degli interrogativi che solo gli occhi di un adolescente restituiscono". Il Doinel di Truffaut conclude la sua fuga verso la libertà guardando indietro, inquieto ma già disponibile ad affrontare la realtà, e di realtà la selezione di Venezia 71 ne offre tanta, mixata con la capacità di meravigliare propria del cinema cui, spiega Barbera, "alludono i colorati pesci volanti inseriti dal bravissimo autore Simone Massi". "In quello sguardo c'è anche la consapevolezza che la realtà è violenta e non si può solo sfuggirla, la stessa consapevolezza che ha sempre avuto il cinema nella sua duplice veste di fabbrica dei sogni e di strumento per raccontare e capire appunto la realtà, anche la più drammatica, invitando a riflettere sui grandi temi di attualità. Non a caso -sottolinea Barbera- nei giorni scorsi Papa Francesco ha detto che siamo in una Terza guerra Mondiale ma a pezzi e proprio al tema della guerra rimandano molte delle pellicole selezionate".

IL FUTURO - Sugli esiti di questa sesta prova di Barbera alla direzione della Mostra (dal 1999 al 2001 e poi dal 2012 fino ad oggi) le somme si tireranno a fine festival, il 6 settembre, intanto lui si gode la 'fine' del suo lavoro per questa edizione: "Ora di fatto tocca agli altri, alle giurie, ai giornalisti ai film ed ai loro autori e interpreti", dice il Direttore. Quanto al suo futuro alla Mostra Barbera aggiunge: "Confesso che ogni anno, quando arrivo alla chiusura della selezione dei film, dico a tutti 'mai più, impeditemi di rifarlo l'anno prossimo'; giuro a me stesso di non volermi imporre questa esperienza esaltante e stressante un'altra volta. Certo poi si tende a dimenticare la fatica, le litigate, restano le soddisfazioni e si finisce per ricascarci".

FILM E FESTIVAL - Intanto, sulla base dell'esperienza accumulata in questi anni, Barbera sottolinea che "dal '99 a oggi è cambiato tutto: l'industria del cinema, l'ambiente, anche la funzione e il ruolo dei festival, soprattuto per effetto della rivoluzione digitale. E' cambiato il modo di produrre e distribuire i film e la conseguenza per noi più immediata, non necessariamente negativa, è che i festival stanno modificando la loro funzione. Fino agli anni '90 il modo più semplice di promuovere un filmn era mandarlo a un grande festival, poi progressivamente questa cosa è venuta meno. Oggi molti grandi titoli non fanno tappa nei festival e basti pensare, quest'anno, che 'Interstellar' di Chrystopher Nolan, maxi produzione e campione di incassi annunciato, non andrà a nessun festival, lo stesso il nuovo film di Tim Burton. I festival presentano sempre un margine di rischio per le grandi produzioni, non consentono di 'costruire' l'immagine del prodotto in totale sicurezza. Questo, naturalmente, non vale per le produzioni indipendenti, per le cinematografie emergenti, e consente di riscoprire la vocazione originaria dei festival, la ricerca e la proposta".

APRE INARRITU - Una rappresentazione plastica del cambiamento in corso viene dai film di apertura della Mostra: l'anno scorso fu lo spaziale 'Gravity', diretto da Alfonso Cuarón, interpretato da Sandra Bullock e George Clooney, per giunta in 3D. Quest'anno tocca a 'Birdman' diretto e co-prodotto da Alejandro González Inarritu e interpretato da Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Andrea Riseborough, Amy Ryan, Emma Stone e Naomi Watts. I due registi sono entrambi messicani ed entrambi declinano il cinema in tutti i principali ruoli necessari a realizzare un film, escluso quello attoriale, ma i due film sono lontani fra loro, come dire che quest'anno l'apertura è più autorale e meno spettacolare: "Quello di Inarritu è un grande film d'autore ma ha un grande cast ed è molto spettacolare, certo -conclude Barbera- è una cosa diversa da 'Gravity'".

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