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Rondi protagonista al Lido: "Ero partigiano e mi accusano di essere di destra"

31 agosto 2014 | 16.16
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Per Venezia Classici presentato il doc 'Gian Luigi Rondi - Vita cinema passione', firmato dal regista Giorgio Treves, un'ottima occasione per "togliersi qualche sassolino dalle scarpe"

Rondi protagonista al Lido:

Al Lido, per Venezia Classici, è stato presentato oggi il doc 'Gian Luigi Rondi - Vita cinema passione' (FOTO), firmato dal regista Giorgio Treves, un'ottima occasione, il doc e la presentazione dello stesso, per "togliersi qualche sassolino dalle scarpe", come ha detto il decano dei critici cinematografici italiani (classe 1921), in servizio permanente effettivo dal 1945.

"Spesso i colleghi, in questi anni recenti, mi hanno definito un critico di destra, questo perché scrivo per un giornale ('Il Tempo', ndr) considerato di centro o di destra. Mi domando perché non ricordare il mio essere stato partigiano con il Movimento dei Cattolici Comunisti?! Io non lo avevo mai fatto prima perché per me la vita partigiana è stata una cosa seria e non volevo usarla come un ombrello". "Alla domanda di rito su quando sono nato ho risposto 'nel 1921, quando a Genova si fondava il Pci, il 10 dicembre, per non mescolarmi con l'orribile data della marcia su Roma'", ha aggiunto Rondi.

Questi e altri sassolini che volano nel doc che ripercorre la vita di Rondi, critico e storico del cinema, saggista e organizzatore culturale, ma anche dialoghista, sceneggiatore, regista di documentari e attore, attraverso le sue parole ("le nostre conversazioni sono durate dieci giorni, abbiano girato oltre 20 ore", ha sottolineato Treves) e con il contributo di testimoni come Gilles Jacob, Carlo Lizzani, Ettore Scola, Francesco Rosi, Paolo e Vittorio Taviani, Pupi Avati, Gina Lollobrigida, Margarethe von Trotta, Adriano Ossicini e altri. Voci dal vivo mixate con rari materiali d'archivio.

Il film, spiega il regista, che non esclude possibili seguiti vista la mole del materiale a disposizione, è "un viaggio che parte dalla domanda su chi è Gian Luigi Rondi, l'uomo dalla sciarpa bianca tre volte più grande di quello che serve, come dice Vittorio Taviani; il sovrano del Premio David di Donatello, come lo vede Paolo Taviani; un gallo da combattimento, secondo Albina du Boisrouvray; un nocchiero del cinema italiano, per Scola; un abilissimo tessitore di relazioni, il paladino degli Autori, come ne parlano Gilles Jacob e Margarethe von Trotta; uno per il quale il Cinema è la vita, secondo lo stesso Rondi".

Il Rondi per il quale "il cinema italiano ha avuto negli anni registi ed anche produttori che si improvvisavano tali ma adesso è costituito da seri professionisti", il Rondi che rimpiange la legge Andreotti sul cinema che "obbligava gli americani a reinvestire in produzioni in Italia gli incassi in Italia", lo stesso Rondi che a fine presentazione, a chi gli chiede se, dopo tanto cinema visto e sezionato, riesca ancora ad emozionarsi guardando un film, risponde sorridente con un laconico "sì".

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